lunedì 30 dicembre 2013

Preghiera al Padre


Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen.

C.H. Bloch,
Sermon On The Mount

Più ci si inoltra sul cammino, più le insidie assumono connotazioni infide ed ingannevoli. Più si lavora e più i tranelli divengono sottili e sofisticati. Per ogni filo di luce tracciato se ne tessono altri mille che tendono a fuorviarci, distogliendoci dalla retta via che guida alla meta.
Lungo il percorso è fondamentale tener presente che il fine non giustifica i mezzi. Fare la cosa giusta per il motivo sbagliato è inutile, talvolta persino dannoso. Naturalmente, la Giustizia cui ci riferiamo è ben più in alto di quella terrena, ed è ad essa che l'essere umano dovrebbe fare appello affinché vi sia ordine e chiarezza nella sua vita.
Chi sono i giusti sulla terra? Gli uomini di buona volontà che si sforzano sinceramente di fare ogni cosa a maggior gloria della luce divina. Pensieri, parole e azioni sono parte integrante dell'Opera e chi lavora conosce il loro potere e valore, ma quanto conosce veramente di sé, al di là di quella multiforme maschera che chiamiamo ego? Chi si cela dietro la facciata della nostra armatura? Qual'è la sostanza oltre l'apparenza? Nessuno potrà spiegartelo, dovrai scoprirlo da te.


Quando facciamo il punto della situazione e pensiamo di aver compiuto dei progressi, stiamo già definendo un’immagine di noi, anche se leggermente diversa dalla precedente. L’ego è lì, camuffato dietro questa apparente concessione alla coscienza, muta forma, cambia tattica e continua ad assumere un ruolo preponderante proprio mentre, ironia della sorte, pensiamo di averlo ridotto al silenzio. Il rischio è considerare questo nuovo stato come una forma di progresso sulla strada dell’evoluzione, senza scorgere il pericolo reale di ritrovarsi incoscienti in schiavitù di un ego che, ergendosi sul piedistallo della spiritualità, esercita il suo dominio con rinnovato vigore.
La tentazione di confondere i propri progressi spirituali con un senso di superiorità acritica nei confronti di tutto e tutti è un’esca che l’ego spirituale getta con altissime percentuali di successo. Di fatto, tra i molti volti dell'ego, tutti potenzialmente utili e ciascuno limitante nel suo piccolo senso dell'io, quello spirituale è forse uno dei più sottili e sofisticati. Il disprezzo che nutre per la densità della materia nasconde sovente desideri repressi, nei quali ad una eventuale soddisfazione data dalla realizzazione di determinati obiettivi è stata sostituita l'immediata autogratificazione della rinuncia. Per di più, il tuo ego spirituale si compiace ogni volta che anziché lavorare su te stesso ti fermi a pensare “io sto facendo un lavoro spirituale”, si consolida ogni volta che giustifichi come sei limitandoti a ciò che pensi di essere. Ogni “io sono” seguito da qualunque attributo sarà sempre e solo una parte del tutto, e quando in te diventa la scusa per non proseguire è ego, anche se spirituale (“io sono una persona spirituale...”), specialmente se spirituale (“io sono consapevole, risvegliato, illuminato..."). 


Io, io, io...prendi le distanze da ogni ego, anche da quello spirituale, e osserva l'immensa totalità dell'Essere, che, come la vera bellezza, non ha bisogno di spiegazioni (della ragione e dell'aver ragione) né di definizioni (attributi).
Dove preghi veramente, nel qui e ora, l'ego non può essere, perché non stai più recitando una parte. Ovunque tu sia, qualunque cosa accada, pregare il Padre è un metodo semplice e naturale di rivolgersi al Cielo, riconnettendosi così alla parte elevata in te e nell'universo.
Concludiamo questo post, l'ultimo del 2013, augurando a te un nuovo anno ricco di felicità e di pace interiore e a tutta l'umanità una vita rinnovata nella luce divina di Saggezza e Amore.

Che ogni cosa sia fatta a maggior gloria della luce.

Stefano, Mariavittoria, Fabrizio


SCOPRI IL POTERE DELL'AUTENTICA PREGHIERA

"Il potere della preghiera ci conduce all'amore, alla verità e alla libertà personale."










lunedì 23 dicembre 2013

Video-intervista a Salvatore Brizzi

La mente mente.



salvatore brizzi video intervista risveglio consapevolezza perle nel tempo progetto vajra

Forse lo avrai già visto: abbiamo pubblicato il video in cui Salvatore Brizzi risponde a gran parte delle domande che ci sono pervenute tramite il blog e gli altri contatti. Siamo convinti che le sue risposte potranno essere d'aiuto a molte persone.

Grazie a tutti coloro che ci hanno scritto e grazie a te che stai leggendo e cogli l'opportunità di condividere il cammino con noi.

salvatore brizzi video intervista risveglio consapevolezza perle nel tempo progetto vajra

Prima di guardare il video ti invitiamo a leggere gli ultimi due post che l'autore ha pubblicato sul suo blog, La Porta d'Oro:

Nel post Il bambino e il Mago si spiega perché non tutte le Vie sono equivalenti e in che senso portano a mete differenti. Si tratta di indicazioni di vitale importanze in un'epoca come la nostra in cui disinformazione e caos vanno di pari passo mentre la chiarezza è un dono da ricercare con zelo. Inoltre, viene presentato l'ultimo libro dell'autore, una sorta di ABC dell'Insegnamento rivolto ai più giovani, ma con spunti inediti anche per chi è già sulla Via.

Nel post Gurdjieff e i Superiori Sconosciuti l'Insegnamento e le sue origini vengono contestualizzati in rapporto alla tradizione e al presente del mondo. Anche questo testo contiene informazioni preziose, poiché stimola il discernimento, la capacità di distinguere in modo sensato una cosa dall'altra, è una virtù indispensabile all'essere umano in evoluzione.

salvatore brizzi video intervista risveglio consapevolezza perle nel tempo progetto vajra

Leggere questi due approfondimenti ti aiuterà a orientarti meglio e a comprendere le indicazioni e gli spunti presenti nella video-intervista, possibilmente senza lasciarti fuorviare dalla mente.

Fabrizio & Mariavittoria






lunedì 16 dicembre 2013

La meditazione sulla meta: una nuova immagine di se stessi

Non aver paura di assumerti 
la responsabilità 
della tua felicità.
Lama Gangchen Rimpoche


Oggi vorrei suggerirvi un esercizio di meditazione che integra diversi metodi. Si tratta di una versione semplificata di una pratica risalente all'antichità.

sciamano dipinti disegni spiritualità meditazione crescita interiore personale
Essa si ritrova nel buddhismo Vajrayana nelle pratiche tantriche del “visualizzare se stessi come la divinità”. Durante queste meditazioni, attraverso la visualizzazione,  si dissolve la propria identità ordinaria e se ne genera una nuova, partendo dalla nostra profonda natura pura. Si ricostruisce un'immagine di se stessi con le sembianze e le qualità di una divinità.
Questo può sembrare un po' strano, ma bisogna tenere presente che nel buddhismo tibetano le molte divinità non sono altro che rappresentazioni degli aspetti illuminati della nostra mente. Visualizzandosi con le sembianze e le caratteristiche di un Buddha si porta quella che è la meta della propria ricerca spirituale nel presente, immaginando di possedere già le qualità illuminate al loro massimo potenziale.
Questa pratica fa in modo che la mente si familiarizzi con queste qualità rendendo più semplice metterle in pratica nella vita di tutti i giorni

Esistono numerosi approcci più recenti che utilizzano lo stesso principio, in particolare il metodo di Josè Silva e il pensiero positivo di Emile Couè, sono tra i più diretti e semplici.
Il primo è un metodo nel quale si porta il corpo e la mente a uno stato di rilassamento profondo e poi si utilizza la visualizzazione per risolvere tensioni, problemi o paure. Nel secondo invece il dott. Couè elabora una sua psicoterapia basata sull'autosuggestione attraverso l'uso della ripetizione di affermazioni e pensieri positivi.

L'esercizio che vi espongo tra poco, che potete ritrovare anche nel mio piccolo e-book scaricabile gratuitamente, unisce questi tre approcci proponendo un metodo veloce e rilassante per  generare una migliore immagine di se stessi. Allo stesso tempo aiuta a predisporci in modo più positivo verso il mondo creando la possibilità di nuove aperture e opportunità di cambiamento nella nostra vita di tutti i giorni.




L'esercizio

  • Sedetevi con la schiena dritta ma non tesa. 
  • Respirate profondamente un paio di volte e cercate di rilassare il corpo lasciando andare tutte le tensioni.
  • Riflettete per qualche minuto su quali sono le qualità che apprezzate di più nelle altre persone. 
  • Pensate a come vorreste essere: in perfetta salute, felici, calmi, compassionevoli, amati. Magari vorreste avere più pazienza, comprensione, essere più affettuosi o non essere gelosi... 
  • Ora contate lentamente alla rovescia da 21 a 0, lasciando un paio di secondi tra un numero e il successivo. Man mano che vi avvicinate allo zero vi sentite più rilassati. 
  • Una volta finito il conto alla rovescia visualizzatevi come vorreste essere. Immaginatevi in un bel posto rilassante e visualizzate voi stessi al cento per cento in salute e felici, con tutte le qualità che vorreste avere. 
  • Potete anche immaginare che da tutto il vostro corpo si irradia una luce. Questa luce rappresenta la vostra energia che si espande. 
  • Se volete potete ripetere mentalmente affermazioni come: 
    «Sto bene» 
    «Sono perfettamente sano/a» 
    «Sono felice» 
    «Sono gentile con gli altri» 
    «Sono coraggioso/a» 
    «Sono aperto/a» 
  • Per finire, immaginatevi nella vita di tutti i giorni: mentre camminate per strada, mentre siete al lavoro o in presenza di altre persone. Visualizzate di essere e di comportarvi come se foste totalmente in possesso delle vostre nuove qualità . 

Note sull'esercizio

In questa meditazione il punto importante è la sensazione di stare bene e di sentire la forza delle proprie qualità interiori. Se non riuscite a visualizzare o non volete ripetere le affermazioni va benissimo lo stesso.
È possibile praticare questa meditazione a occhi aperti mentre siete per strada o in qualsiasi momento della vostra vita. Immaginate di avere salute, felicità e tutte le qualità positive che vi piacerebbero, e comportatevi di conseguenza.
Stefano


Vi ricordo che potete trovare questo e altri utili esercizi nel mio e-book gratuito 

lunedì 9 dicembre 2013

Occhi al cielo

Se vuoi nascondere qualcosa,
mettilo bene in mostra.
E.A. Poe

Il più grande segreto è che non ci sono segreti: il cielo si mostra agli occhi di tutti, ma per vederlo è necessario alzare lo sguardo. Riflettere su questa semplice verità e sulle sue implicazioni simboliche è sufficiente per accorgersi del tesoro mirabilmente rappresentato dal firmamento. Imparare ad osservare i fenomeni celesti, individuare e seguire il corso degli astri e saperli relazionare in modo significativo agli eventi terreni è un’ulteriore opportunità, accessibile a tutti, per risintonizzarsi con il cosmo e crescere in sintonia con l’armonia dell’universo.


Alzando gli occhi alla volta stellata, ci accorgeremo di astri osservati da milioni di anni ai quali diverse civiltà hanno attribuito nomi e valenze differenti per precisi motivi pratici e filosofici. Nell'ammirare quelle luci così vivide è naturale chiedersi se qualcuno stia facendo la stessa cosa da qualche parte altrove, magari in un luogo dal quale Terra è solo un altro puntino colorato nel mare lattescente di Galassia. In merito a questo argomento voglio sottolineare il pensiero del maestro Omraam Mikhaël Aïvanhov:

"Le stelle non sono solo corpi celesti che producono ed emettono energia, ma sono mondi popolati da entità spirituali che ci inviano messaggi. Percorrendo con lo sguardo la volta celeste, trovate una stella sulla quale sentite il bisogno di soffermarvi
perché, lo percepite, avete con essa un legame vivo. Concentratevi su quella stella e rivolgetevi agli angeli che la abitano. Sono amici ai quali potete confidare le vostre
preoccupazioni, i vostri dispiaceri, ma soprattutto le vostre aspirazioni e le vostre speranze. Da tali esperienze ritornerete con una più vasta comprensione della vita, con la sensazione che non siete mai soli e che vi sono forze benevole a occuparsi di voi, a intrattenersi con voi. Anche se non sapete chi esse siano esattamente, sentirete la loro presenza. Dinanzi all'immensità della volta celeste l’essere umano, è vero, rappresenta ben poca cosa, ma questa non è una buona ragione per sentirsi soli o smarriti.”

Sì, osservare il firmamento è un viaggio nel tempo e nello spazio, un'opportunità per ogni anima di percorrere quel ponte arcobaleno che unisce cielo e terra in un continuum tra l'immensità dell'universo e l'incommensurabilità del nostro spazio interiore:

Cantando canti mistici, spirituali, creiamo intorno a noi tutto un mondo di forme e di colori. Ed essendo noi stessi il nostro proprio strumento, le forme e i colori che creiamo esternamente a noi, li creiamo anche in noi; quelle forme e quei colori attirano delle entità luminose, attirano degli angeli, e sono per essi un nutrimento. Gli angeli vengono unicamente se sappiamo attirarli con simili doni. Cantando, apriamo una porta sul Cielo attraverso la quale passeranno le entità celesti; e la venuta di queste entità porta cambiamenti benefici anche nel mondo. "

Naturalmente, il canto al quale si riferisce il maestro Aïvanhov può levarsi anche dalla voce del silenzio: ogni volta che alzerai lo sguardo al cielo, come in alto così in basso, vedrai riflessa una parte di te da scoprire, conoscere e onorare. In questo modo spostiamo l'orizzonte dell'umanità sempre oltre il prevedibile, dai limiti dell'occhio umano alla lungimiranza del cuore immortale.
Mariavittoria


Leggi e condividi liberamente Astri e civiltà,
la mia guida introduttiva all'osservazione del firmamento,
disponibile in formato ipertestuale su Perleneltempo










lunedì 2 dicembre 2013

C'è nessuno in casa?


The lights are on 
but no one's home.
Amy Winehouse


Capita in continuazione:
Leggiamo un libro e ad un certo punto ci accorgiamo che interi paragrafi sono finiti nell’oblio, del tutto inosservati dalla nostra attenzione.
Stiamo cucinando e improvvisamente ci rendiamo conto delle lunghe porzioni di tempo in cui la nostra mente ha proceduto seguendo direzioni non stabilite da noi.
Guidiamo e appena spento il motore realizziamo di ricordare poco o nulla del tragitto appena percorso.


Dove eravamo?
Perché lasciamo così arrendevolmente che la mente si impossessi delle trame e del percorso dei nostri pensieri?
Perché il nostro essere se ne va inavvertitamente, portando la sua presenza e attenzione da qualche altra parte, senza che di questa esperienza conserviamo alcun ricordo? Dove va e soprattutto chi rimane?
È come se la nostra casa fosse abitata da un’orda di personaggi che, a turno, prendono in mano le redini della situazione. Il padrone di casa è stanco e delega. Delega la sua attenzione, il suo potere, la sua consapevolezza. Lo fa in maniera automatica ed inconscia, tipica dell’uomo che dorme orizzontalmente e verticalmente.
Mi direte che ormai sono cose note.
È vero, sono tutte cose che sappiamo, ma non è anche detto che le conosciamo.
Per conoscenza intendo quella esperita, che ad es. i neonati sperimentano attraverso la bocca, succhiando, oppure afferrando gli oggetti con le mani.
Se vogliamo procedere consapevolmente occorre diventare coscienti di quello che ci accade e, imparando a conoscerlo, trovare il modo di superare la prigionia. La chiave è in noi, nella volontà di evolvere e andare oltre ciò che già sappiamo o crediamo di essere.


Osserviamo ad es. i nostri pensieri. Sembra che essi abbiano vita propria: si agitano in mille direzioni, incontrollabili e ognuno reclama per sé la nostra attenzione. Si succedono con costante ed implacabile sollecitudine, dandoci quella sensazione di assuefazione che ci fa sembrare abituale ciò che invece è un’anomalia e di cui possiamo avere un’esperienza diretta con un esercizio molto semplice:

Chiudiamo gli occhi e osserviamo il corso dei pensieri per trenta secondi. Poi facciamoci questa domanda: sappiamo quale sarà il prossimo pensiero? Lo stabiliamo noi?
Ora chiudiamo nuovamente gli occhi e proviamo a non pensare a niente per lo stesso lasso di tempo. Noteremo che, se non sono pensieri che vengono a noi con flusso incessante, sono immagini. Immagini che si formano davanti a noi, varie e multiformi.

Il quadro che emerge non è così frustrante perché, se ci tranquillizziamo e ci centriamo, potrebbe capitare che emerga semplicemente il buio, il silenzio ed affiori l’essere, il presente, tutto ciò che rimane per sottrazione da quel coacervo di rumori di fondo, vale a dire il vuoto. E lì non ci saranno pensieri che cercano di convogliare la nostra attenzione su un futuro inesistente o su un passato di cui sopravvive solo il ricordo. In quel momento siamo solamente noi.
E certamente non siamo i nostri pensieri. La loro assenza non ci priva della nostra esistenza. Non corriamo alcun rischio, se non quello di essere liberi. Liberi di essere quel che siamo. 


Non è necessario indossare l’armatura e spianare le armi per muovere guerra alla mente, anzi, un’approccio amorevole e attento è il nostro migliore alleato per ottenere risultati durevoli, come si può sperimentare svolgendo semplici esercizi, ad es. la meditazione dei 21 respiri: calmare lamente.
È sufficiente essere osservatori consapevoli. Sì, di per sé è sufficiente, ma nient’affatto scontato.
Alla prima distrazione qualcun altro farà da padrone in casa nostra ed ecco allora la personalità che parodiando l’essere riprende il controllo della nostra vita, riproponendo reazioni e automatismi in una farsa cui siamo troppo abituati.
E l’essere aspetta?
Aspetta noi.
Noi che ci incamminiamo per incontrarlo.
Fabrizio


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lunedì 25 novembre 2013

Essere re


La macchina non può sopportare di vedersi come un asino
né di essere reputata tale dagli altri,
ma il vero Essere non sente umiliazioni.
E.J. Gold


Oggi voglio introdurre uno degli ostacoli più sottovalutati nel fare chiarezza: la vanità, vale a dire quel concentrato di pretenzioso egocentrismo che si rivela nel peggior tipo di inerzia, in grado di confondere le idee perfino sulle verità basilari come l’amore. 
Sia chiaro: saper amare se stessi è un’esperienza fondante, tuttavia l’amore vero non è mai amor proprio, è incondizionato e come tale non ha padroni e al contempo serve tutto e tutti. Un Essere identificato con l’apparato psicofisico che lo ospita è ignaro delle proprie risorse, della forza d’amore cui può fare appello, e tende a difendere le compiaciute illusioni e gli automatismi della macchina biologica con una serie di giustificazioni inessenziali e futili.
Questa è vanità, il bisogno inessenziale di apparire. 


Consideriamo il proverbiale cavallo zoppo che si dice re nel paese degli asini. Sia detto per inciso che l’intero regno animale, dall’umile lombrico all’altera aquila, ci offre degli spunti notevoli per imparare a vedere la realtà, tuttavia per il momento ci interessa solo l’allegoria rappresentata in questo detto popolare da due equini in verità ugualmente validi e degni. Dal punto di vista esistenziale il nostro vanesio quadrupede si trova poco al di sopra, se non leggermente al di sotto, del più lento tra i cavalli da corsa, ma è facile intuire che quest’ultimo, perennemente a contatto con i suoi limiti e con l’esempio virtuoso dei coetanei, avrà maggiori stimoli per evolvere e in definitiva l’occasione di ottenere risultati più durevoli, a patto di non lasciarsi limitare dalle apparenze. 


Invero è necessario vigilare per non cadere nella smania vanesia di dar mostra di sé: i palchi e i piedistalli sono adatti alle statue o a chi ne accetta la sostanziale insignificanza: spiccare di per sé non è gran cosa, e anzi potrebbe solo consolidare l’identificazione con una personalità per sua natura perennemente insoddisfatta e insoddisfacente rispetto alla missione dell’Essere. Allo stesso modo riflettiamo prima di esprimere un giudizio, anche solo interiore: nel tentativo di affermare come vogliamo apparire potremmo perdere di vista chi potremmo davvero essere. 
La lode e il biasimo, altrui o interiori, non ci sono veramente d’aiuto, anzi, spesso consolidano schemi e atteggiamenti della personalità, distogliendoci da noi stessi. Per lavorare su di sé è opportuno imparare a mettersi seriamente in discussione, ogni dolore o attacco percepito sarà solo un segnale di identificazione con qualcosa di diverso dall’Essere radioso e imperturbabile; ma è una fase normale nel processo di liberazione, poiché tutto ciò che riveste l’essenza è perfettibile e transitorio. 


Infine, va detto che vi è un lato oscuro della vanità altrettanto deleterio del suo aspetto eclatante, retaggio della lunga storia di un’umanità divisa tra servi e padroni: il desiderio di potere. Forse credi di esserne immune, ma nessun essere umano in cammino lo è: chi preferisce davvero obbedire al dare ordini? Anche il più servile tra gli individui se osservato attentamente rivelerà nella sua routine degli aspetti autoritari: in un modo o nell’altro siamo tutti degli inconsapevoli tiranni che vanno educati al carisma del comando. In realtà governare rettamente significa anzitutto avere un buon governo di sé, come dare ordini è una diretta conseguenza del saper fare ordine. Ciò rende autorevoli, padroni consapevoli di se stessi e del proprio dominio, salvando dall’antico dolore che portò Satana a dichiarare «preferisco regnare all’inferno che servire in paradiso». Ciascuno per nascita ha il diritto di essere re del proprio regno, occorre dunque stabilire con saggezza e lungimiranza quale corona si intende portare.

Mariavittoria 


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venerdì 15 novembre 2013

Intervista Salvatore Brizzi


Il mondo è dentro di te
e tutto ti è possibile.
Il libro di Draco Daatson


Questo flash post è dedicato a te, che pratichi e sai cosa significa Risveglio.



Hai una domanda da rivolgere a 

Scrivila in un commento a questo flash post. 


Hai tempo fino a giovedì 21 novembre 2013 per farci pervenire la tua domanda. 

Raccoglieremo le più utili e potrai trovare le risposte dell'autore proprio qui, tra le pagine di Perleneltempo.

Non perdere questa occasione, il tuo contributo alla conoscenza è importante, condividilo con noi!

RISVEGLIA LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA




lunedì 11 novembre 2013

Il male minore


Un po’ di male “confessato”
dispensa dal riconoscere
molto male nascosto.

Roland Barthes 

Comincio dalla frase in epigrafe, quasi certo che mi condurrà in qualche luogo semi oscuro dell’essere. Per prima cosa, tengo a precisare che la parola male qui sarà intesa come sinonimo di errore. L’osservazione di Barthes trae origine da un meccanismo subdolo che talvolta si insinua anche nelle migliori intenzioni: utilizzare la verità per un secondo fine, strumentalizzandola, adoperandola cioè per dissimulare più che per far emergere la realtà oltre le apparenze.



Tutti sembrano apprezzare lo sforzo di venire a capo delle proprie debolezze, ma questo apparente mettersi in discussione non ha alcun valore quando rappresenta solo una critica momentanea nei confronti di un ego ben saldo sulle sue posizioni ataviche e inflessibili. Non basta un’occhiata fugace al “male minore”, poiché non appena distolto lo sguardo l’immagine che vogliamo dare di noi tornerà a reggere le fila dei nostri schemi comportamentali, alimentando la logorante logica di azione e reazione in un ciclo senza via d’uscita.

Questo stratagemma poco salutare funziona sia in termini quantitativi, come nell’esempio citato, in cui riconoscere una dose omeopatica di male, quasi fosse un vaccino, di per sé agisce da schermo dietro al quale potersi parare per evitare di dover fare i conti con un male più grande, esteso e probabilmente radicato in profondità, sia in termini qualitativi, quando cioè si indirizza volutamente l’attenzione in una certa direzione con l’intento pertinace di distoglierla da qualcosa di più importante.

Agitare uno spauracchio dietro al quale nascondersi, ecco il male, e avviene con una certa frequenza a tutti i livelli:

Sicuramente nella società (ancora questa parola astratta ed effimera, ma che sotto molteplici mentite spoglie detiene l’incommensurabile potere di addormentare le coscienze) che fornisce divagazioni e distrazioni in abbondanza, al fine di sottrarre preziose energie all’individuo. Ogni società spinge i suoi membri ad avere per essere, e quindi a non essere mai abbastanza se stessi.

Sicuramente in ciascuno di noi, abilissimo a creare alibi, a cercare giustificazioni, ad escogitare modi per placare la voce della coscienza. La mente, in questo contesto, opera al massimo livello di sofisticazione: riesce ad imbrigliarci con la sua abilità dialettica, facendoci credere di averci aiutato a trovare il bandolo della matassa, mentre in realtà preme per rimandare il nostro sviluppo cosciente, un’evoluzione scomoda e ignota, al fine di mantenere indiscusso il suo predominio. La mente: uno strumento potentissimo, ma quanti in tutta onestà possono affermare di saperne disporre a piacimento. 

Quanto, ad esempio, utilizziamo il nostro pensiero e non il contrario?
L’alternativa a questa impasse è l’apertura del cuore, uno slancio vitale che ci consenta di superare la paura della paura, per guardare senza timore dentro di noi. A quel punto occultare non servirà più a nulla, non ci saranno luoghi in cui nascondersi ed il nostro occhio interiore potrà smettere di tergiversare per dirigersi davvero al centro dell’essere.
Ammettere qualche piccolezza nella speranza che nessuno si accorga della voragine che abbiamo dentro è un’indulgenza che intrappola nell’oscurità. 
Piuttosto raccogliamo le energie disperse in rivoli di autocompiacimento e velleitario tergiversare per indirizzarle laddove vogliamo illuminare il nostro essere. E lì il potere dell’osservazione amorevole scioglierà tutte le insicurezze, i blocchi, le resistenze, rendendo inoffensivo ogni male.
Fabrizio 


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lunedì 4 novembre 2013

Meditazione in 10 punti: interdipendenza e gratitudine

Non cercare di cambiare la tua vita,
cambia il tuo atteggiamento verso la vita.
Lama Gangchen Rimpoche


Oggi vorrei parlare di un argomento che viene spesso tralasciato e proporre una meditazione che stimoli lo sviluppo del senso di gratitudine.

Nell'ambito spirituale si stanno sempre più sviluppando approcci individualisti che esaltano il potere personale e la liberazione da ogni tipo di dipendenza nei confronti degli altri e del mondo. Insegnamenti che spingono a diventare padroni di se stessi e a sottomettere la realtà grazie a questo potere.

Sicuramente questo tipo di lavoro è molto utile, soprattutto per un certo tipo di persone, ed è molto valido per comprendere quanto sia importante imparare a generare le cause e le condizioni per poter vivere una vita più libera e per sentirsi meno incatenati agli obblighi che la società sembra imporci.

Accade però che, se non vengono compresi correttamente e supportati da una certa percentuale di cuore, questi esercizi e riflessioni possano portare a concentrare tutta l'attenzione su se stessi e a chiudersi, intrappolandosi in schemi mentali ripetitivi e fondamentalmente egoisti, dove ci si dimentica dell'universo e degli altri esseri a favore di un illusorio potenziamento di se stessi.

interdipendenza e gratitudine meditazione progetto vajra perle nel tempo

È vero, come si è parlato qui,  che è la nostra mente a dare un significato a tutto quello che vediamo ma, allo stesso tempo è altrettanto vero che facciamo parte di un sistema in cui tutto è interconnesso e in cui tutti dipendiamo da tutto e tutti.

Per dedicare qualche minuto a riflettere su questa interconnessione totale, suggerisco il seguente esercizio:

  1. Sedetevi con la schiena dritta ma non tesa, se siete comodi usate la posizione del loto, del mezzo loto o a gambe incrociate. In caso contrario va benissimo che vi sediate su una sedia, ma senza appoggiare la schiena.
  2. Rivolgete per qualche istante la vostra attenzione alla respirazione, se volete a questo punto potete utilizzare l'esercizio dei 21 respiri illustrato qui.
  3. Quando vi sentite più rilassati scegliete mentalmente un oggetto che faccia parte della vostra vita quotidiana e che vi sia utile per qualcosa: alimenti, utensili, elettrodomestici ecc..
    Io prenderò ad esempio un piatto di pasta al pomodoro, ma quando avrete capito l'esercizio potrete applicarlo a qualsiasi oggetto.
  4. Iniziate a scomporre il piatto di pasta al pomodoro nelle sue materie prime e pensate a tutte le cause e le condizioni che sono state necessarie affinchè il grano crescesse: il seme, e ancora prima la pianta che ha generato il seme, il sole, la terra, l'acqua, l'ossigeno, il tempo... Arriverete facilmente a intuire che le cause sono innumerevoli, risalendo al primo uomo che ha intuito la possibilità di mangiare un chicco di grano, alla posizione della Terra nel sistema solare, e al lavoro di tutta una schiera di insetti e microorganismi, fino a includere il macrocosmo e il microcosmo, dove tutto collabora per il vostro piatto di pasta.

    interdipendenza onde progetto vajra perle nel tempo
  5. Ora provate a immaginare quante persone hanno lavorato per far crescere il grano, per raccoglierlo e in seguito trasformarlo in farina e poi in pasta. Quante persone hanno collaborato alla creazione del pacchetto, alla sua distribuzione e infine alla sua disposizione sullo scaffale del supermercato affiché poteste acquistarla. Il fatto che voi la compriate con del denaro non sminuisce il lavoro di tutte queste persone, la loro vita e il loro sforzo non possono essere cancellati dal fatto che «stavano facendo solo il loro dovere».

  6. Ripetete lo stesso procedimento con gli altri ingredienti, il pomodoro, l'olio, il basilico, il sale, il formaggio...
  7. Una volta eseguito questo tipo di ricerca si creerà facilmente dentro di voi un senso di unione con l'ambiente, e la sicurezza che tutti noi viviamo in modo interdipendente e siamo indissolubilmente legati. Questo legame ci unisce, non solo agli altri esseri umani, ma ad ogni fenomeno ed essere di questo pianeta, e non solo.
  8. Sarà inoltre più facile generare un forte senso di gratitudine per tutte quelle persone e quegli esseri che incessantemente “lavorano per noi”, per rendere disponibile tutto quello che usiamo nella vita di tutti i giorni e per fare in modo che possiamo avere tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Essendo numerosissimi, quasi infiniti, e non potendo effettivamente identificarli, non possiamo fare altro che generare un forte senso di gratitudine per tutti gli esseri.


    ogni cosa è interdipendente progetto vajra perle nel tempo
  9. Ringraziate con le parole che vi sembrano più congeniali, cercando di mantenere stabile il senso di interdipendenza e di gratitudine che è sorto dentro di voi.
  10. Dirigete ancora per qualche istante l'attenzione sulla respirazione.

Concludete senza fretta la sessione di meditazione.


Ogni tanto, durante la giornata, oppure durante i pasti, potete velocemente riportare alla mente questa tecnica e applicarla all'oggetto che avete davanti. Questo vi aiuterà a render più stabile il vostro senso di interconnessione e di gratitudine.

Stefano


Potete trovare altri utili esercizi nel mio e-book gratuito 








lunedì 28 ottobre 2013

Equitazione dell'anima


Getta il cuore oltre l’ostacolo
E il cavallo lo seguirà.



Osservare la realtà offre molti spunti di riflessione per il nostro percorso. Poiché ogni cosa è la manifestazione di una realtà più sottile, tutto ci informa: eventi, oggetti e persone recano informazioni e sovente un messaggio da comunicarci, una lezione da imparare. Ad esempio, hai mai sentito il motto in epigrafe? Cerchiamo di vedere cosa può indicare dal punto di vista esoterico.


In una classica gara ippica di salto a ostacoli lo spettatore vede il percorso e suppone che fantino e cavallo avvicinandosi ad una siepe si preparino a saltarla. Tuttavia, il fatto che quel percorso preveda il superamento di un certo ostacolo non implica che esso verrà effettivamente superato. Nel mio post precedente abbiamo visto la differenza tra inerzia attiva e inerzia passiva. Analogamente, osservando dall’esterno la gara non è possibile stabilire se il cavallo che compie una traiettoria parabolica si stia preparando a saltare (fase di “rincorsa”) o se stia scartando di lato in preda all’esitazione (fase di “resistenza”). Al contrario, un fantino esperto, trovandosi a vivere direttamente la situazione, è in grado di percepire la differenza tra questi due atteggiamenti esteriormente simili ma qualitativamente opposti e potrà neutralizzare la resistenza e affrontare l’ostacolo insieme alla propria cavalcatura. Per riuscire a superare il blocco, l’essere umano non ha vinto la riluttanza del cavallo, bensì ha reso inoffensiva la propria resistenza. Il cavallo, infatti, di per sé seguirebbe la propria natura istintuale, che è sì quella di correre, ma non salterebbe un ostacolo quando potrebbe facilmente aggirarlo, a meno di non essere stato addestrato a farlo, imparando a fidarsi ciecamente di chi lo guida. Chi pratica equitazione sa bene che è solo il fantino a stabilire l’andatura, decidendo quindi come far effettuare il percorso al cavallo che gli affida tutto il proprio potenziale. Di conseguenza, l’esitazione talvolta osservabile dallo spettatore nel comportamento del cavallo è in realtà un momento di indecisione che l’animale, creatura estremamente empatica, percepisce in chi lo guida; si tratta di una disarmonia, un’increspatura nella volontà di accordo tra pensiero e azione che determina l’impasse lungo il percorso. 


 Se consideriamo fantino e cavallo come rappresentazione del rapporto tra coscienza e forza vitale, tra anima e corpo, possiamo renderci conto di quanto la sintonia tra queste due entità distinte ma temporaneamente simbiotiche sia essenziale. Sintonia, infatti significa “accordo di suoni”, e si può intendere come sinonimo dell’armonia che sottende all’esistenza in quanto tale e al rapporto funzionale tra uno e tutto. Quando una coscienza incanala consapevolmente la forza vitale di cui dispone e l’anima abita coscientemente il corpo sperimentiamo sintonia, l’accordo fondamentale, e possiamo superare qualunque blocco, anzi, ogni ostacolo si mostrerà non più come minaccia bensì come opportunità, proprio come la siepe del percorso ippico da barriera ignota e pericolosa si trasforma in un’occasione per mettere alla prova le capacità e l’affiatamento di cavallo e cavaliere, insegnando loro ad andare oltre la propria natura istintuale. Senza cavalcatura, il fantino non potrebbe saltare, mentre il cavallo senza cavaliere non avrebbe la consapevolezza necessaria per rendersi conto che può andare oltre i propri limiti, imposti da migliaia di anni di condizionamento da parte della specie e delle proprie esperienze ristrette. Analogamente, senza un corpo e la forza vitale a sua disposizione l’anima non potrebbe fare esperienza della realtà, pertanto è essenziale che si renda cosciente del corpo e della forza vitale come strumenti di evoluzione e impari ad esprimersi in sintonia con essi. Come è possibile raggiungere la sintonia? Un passo fondamentale consiste nell’imparare ad ascoltare il proprio corpo. Solo imparando a conoscere questo accordo, la vibrazione radiante dell’esistenza intrinseca in ogni cosa, sapremo distinguere la voce del cuore, la melodia che emana dalla nostra autenticità. 
Mariavittoria  

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lunedì 21 ottobre 2013

La bussola dell'evoluzione


Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei,
e se so di che cosa ti occupi
saprò che cosa puoi diventare.
J.W. Goethe



In un post precedente ho introdotto il funzionamento della legge delle ottave, un principio esoterico fondamentale che agisce in stretto accordo con quello dell’entropia nel regolare i rapporti tra staticità e dinamismo. 



Il significato della parola staticità è univoco, intendendo uno stato di inerzia, mentre il termine dinamismo comprende la possibilità di scegliere tra due movimenti uguali e contrari: uno verso l’alto (spirale ascendente o evoluzione) e uno verso il basso (spirale discendente o involuzione). Poiché nell’umanità la tendenza all’evoluzione è innata, è naturale che chi voglia essere umano aspiri ad evolvere, tuttavia, come si è già detto l’ascesa non avviene in modo lineare,bensì con un movimento a spirale, attraverso un percorso curvilineo nel quale a volte si ha l’impressione di non stare crescendo, anche se in realtà si tratta di passaggi funzionali al raggiungimento dello stadio evolutivo successivo. Ad es. prima dell’ascesa vera e propria spesso è necessaria una fase di adattamento per raccoglie l’energia necessaria al compimento del processo evolutivo, che sovente richiede un cambiamento notevole su tutti i piani. In questo senso è fondamentale imparare a distinguere le fasi della crescita, che prevedono momenti di apparente stallo o retrocessione, dallo stato di inerzia e stagnazione che se protratto innescherà una spirale discendente o involutiva.  

Considerando quanto detto fin’ora sul movimento spiraleggiante dell’evoluzione, ci rendiamo conto che talvolta può capitare di vivere un’apparente “ricaduta” nell’ordinarietà di quella dimensione illusoria comunemente accettata come “realtà”; ma in questi casi per sapersi orientare diventa necessario chiedersi se si tratta di una fase transitoria e funzionale all’evoluzione (come potrebbe essere una rincorsa prima di spiccare un grande balzo) o se ci si trova invece a tergiversare, catturati in una rete di esitazioni nella quale le nostre resistenze stanno per avere il sopravvento e farci regredire (involuzione). Come facciamo a renderci conto se stiamo facendo qualche passo indietro per stabilizzare la nostra presa di coscienza del cambiamento imminente (fase di “rincorsa”) o se stiamo proprio opponendo resistenza al cambiamento e quindi all’evoluzione?

La differenza tra una fase di “rincorsa” (inerzia attiva) e una di resistenza (inerzia passiva) non è percepibile ordinariamente, perché all’esterno questi due passaggi presentano le stesse caratteristiche apparenti: un movimento nullo o contrario rispetto al divenire. Tuttavia lo scarto in termini qualitativi è enorme e si basa sulla consapevolezza interiore dell’uso che stiamo facendo del nostro potenziale.

Le ottave sono potenzialmente infinite, tanto quanto la scala di livello dell’essere, ben diverso e oltre il semplice esistere, e il completamento di ciascuna dipende dalla nostra capacità di essere in ogni momento coscienti dei reali obiettivi che motivano pensieri, parole e azioni intraprese. 

Domandarsi sinceramente dove, con chi siamo e per quale motivo esprime la volontà di vivere consapevolmente. Trovare la risposta a queste domande richiede pazienza, umiltà e onestà intellettuale. È necessario riuscire ad essere molto sinceri con se stessi per evitare la tendenza automatica dell’intelletto a trovare delle giustificazioni mirate a distogliere l’attenzione dalle reali motivazioni che potrebbero non piacerci, restituendo un’immagine di noi stessi diversa da quella alla quale siamo soliti fare riferimento. L’umiltà sarà nostra alleata nell’individuare senza ipocrisia le differenze tra le risposte alle domande chi sono? e chi credo di essere? O come voglio apparire? E infine la pazienza ci verrà in aiuto una volta presa coscienza del fatto che solo imparando ad ascoltare incondizionatamente il Cuore, voce della propria autenticità, sapremo in ogni istante cosa vogliamo veramente e per quale motivo, e questo ci darà l’opportunità di conoscerci per ciò che siamo, ma anche di orientarci, individuando le motivazioni reali dei nostri comportamenti e pensieri. Il Cuore è la bussola dell’evoluzione, grazie ad esso è possibile riguadagnare la propria umanità e diventare esseri umani. Come dice l’illuminato in epigrafe, esiste un rapporto diretto tra chi siamo e le nostre frequentazioni (legge di risonanza) e tra le nostre occupazioni e cosa vogliamo veramente (legge dell’attrazione), quindi tra ciò che siamo e ciò che stiamo per diventare. La scoperta di questi nessi profondi causali e acausali eleva la consapevolezza; in questo percorso di risveglio il Cuore, centro superiore di coscienza, sarà la nostra guida.
Mariavittoria

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