lunedì 8 settembre 2014

La Temperanza: equilibrio e alchimia degli opposti

I tarocchi sono una macchina filosofica,
che evita alla mente di divagare, 
pur lasciandole iniziativa e libertà; 
si tratta di matematica applicata all’assoluto, 
l’unione di ciò che è logico con ciò che è ideale, 
come una combinazione di pensieri esatti tanto quanto i numeri, 
forse la concezione più semplice e più grande del genio umano.
(Eliphas Levi)


I Tarocchi sono una continua fonte di ispirazione per il cercatore che si avvia alla scoperta del sentiero dell'anima. In questo post offriamo una panoramica di ciò che simboleggia l’Arcano XIV in relazione all'iconografia presentata da due distinti mazzi di Tarocchi: quello ideato da Oswald Wirth e le Lame dei Templari.


Nel mazzo di Tarocchi di Wirth, l’Arcano XIV, la Temperanza, è rappresentato da una figura angelica, con un disco solare fra i capelli, che mesce dell’acqua, travasandola da una brocca d’argento ad una d’oro. Questo personaggio sembra la personificazione della massima di Orazio in medio stat virtus, in quanto cerca di trovare un equilibrio fra due qualità opposte simboleggiate dai liquidi e dalle loro posizioni (una brocca è posta in alto e l’altra in basso, a formare una contrapposizione in diagonale). Che questo equilibrio sia fragile ce lo suggerisce anche il punto all’interno della sequenza dei Tarocchi nel quale si trova la Carta: al quattordicesimo posto, subito dopo la Morte (13) e prima del Diavolo (15), vale a dire tra due demoni. Per di più, la posizione della Temperanza (14) numerolgicamente si colloca nel secondo ciclo del numero 4, dove certo è ancora presente una componente di autoaffermazione tipica dell’Imperatore (4), ma questa volta si è completamente immersi nel karma che rende il lavoro dell’angelica figura particolarmente precario. La Temperanza presta dunque la massima attenzione e la dovuta concentrazione nello sforzarsi di miscelare perfettamente i due liquidi, consapevole dell’importanza del compito che sta portando a termine.



Notiamo ora il nome con il quale il Quattordicesimo Arcano è stato designato nel mazzo di Lame dei Templari: il Genio o l’Androgino-alchemico, che ben sintetizza l'immagine della Carta. Troviamo infatti rappresentata una figura antropomorfa nuda, la cui parte superiore sinistra è di aspetto femminile, mentre la destra, ha caratteristiche maschili. Entrambe si uniscono all’altezza del bacino. L’insieme è armonioso e vivido: i due volti irradiano bellezza, consapevoli dell'avvenuta felice unione dell’elemento maschile con quello femminile. L’ermafrodito è asessuato pur nella sua gioiosa sensualità. Il suo lato di donna regge un alambicco dal luccichio dorato dal quale scorre un liquido dall'aspetto prezioso che viene versato e raccolto in un alambicco argenteo sostenuto dall’uomo. Questa simbologia allude all’elisir di lunga vita, la cui realizzazione richiede una lunga ed accurata preparazione. Il lavoro che viene richiesto per giungere a tale esito è una meticolosa ricerca interiore che, attraverso la fucina alchemica, produce la trasmutazione degli elementi vili della personalità in preziosi frutti luminosi. A questo risultato si perviene attraverso la sublimazione delle energie femminili e maschili, onde ottenere un equilibrio che è fusione, condivisione, superamento del dualismo. Tale equilibrio è il risultato di elementi complementari che tendono all’unità, di cammini contrapposti che si uniscono, di punti di vista differenti che insieme giungono a maturazione, di tesi ed antitesi che producono la sintesi, della matematica dello spirito in cui 1+1=3. 



Se da un lato la prima rappresentazione dell’arcano XIV enfatizza il raggiungimento dell’equilibrio come pratica non priva di intrinseche incertezze, frutto di una ricerca che è mediazione fra forze centrifughe e centripete altrimenti incontrollabili, il Genio, o Androgino-alchemico, arriva all'equilibrio sottolineando l’aspetto dualistico della realtà ed il suo superamento attraverso il processo alchemico. Due iconografie distinte, un unico modo di relazionarsi con gli archetipi universali che, veicolati dalla tradizione sapienziale trasmessa nel corso dei secoli, continuano a parlarci con colori, forme, simboli e sembianze direttamente in comunicazione con i livelli profondi del Sé.
Fabrizio





Nessun commento:

Posta un commento