lunedì 28 dicembre 2015

IO SONO

Sull'albero della vita ci sono due uccellini, amici fidati.
Uno mangia il dolce frutto dell'albero,
l'altro, senza mangiare, guarda e veglia.
gveda I, 164



L'inverno è la stagione del ritiro interiore e della riflessione, e con la fine dell'anno arriva il momento di ritrovare se stessi nel mistero del silenzio che accompagna il graduale ritiro della nostra forza vitale nei recessi del nostro spazio sacro: l'essere.


Svanisce l'impulso all'azione, l'energia Yang, e cresce il richiamo all'introspezione e alla ricettività tipico del periodo in cui predomina la forza Yin. È questo il momento più propizio per coltivare una magia potente e antica, l'azione senza azione, oggi meglio nota in Occidente come presenza.


Presenza è la condizione senza condizioni dell'essere puro e semplice, emancipato da qualsiasi attributo, è l'IO SONO, onnipervasivo e indescrivibile a parole, ma che è necessario riconoscere e percepire appieno affinché qualunque realizzazione possa avere un senso compiuto.
Ancor prima di lasciare andare l'attaccamento al passato e le aspettative per il futuro, che bloccano il presente in un circolo di comportamenti compulsivi per lo più controproducenti, sii presenza.
A questo fine, che in effetti non ha una fine, essendo di per sé viaggio e meta nella vita, ci viene in aiuto l'antichissimo mantra SO HAM, ovvero l'IO SONO sanscrito, che non a caso corrisponde al suono naturale emesso dalla nostra respirazione. Inizia subito a sperimentare consapevolmente questo mistero:

Inspira pronunciando SO
Espira pronunciando HAM

Ripeti l'esercizio per almeno sette cicli di respirazione, dopodiché continua a inspirare ed espirare in silenzio, ascoltando il suono naturale che si produce respirando:

Inspira SO
Espira HAM

Lo senti? È il canto del soffio vitale che anima il tuo corpo e quello di tutti gli esseri viventi. Sebbene ogni essere respiri, il suono che emette è unico, avendo una risonanza del tutto particolare. Riprova e avverti da te l'unicità del modo in cui il soffio vitale si diffonde nel tuo corpo:

Inspira SO
Espira HAM

Prenditi tutto il tempo necessario per esperire appieno il canto del soffio vitale che si esprime attraverso di te.
Se a questo mantra aggiungiamo OM, il suono primordiale dell'universo, otterremo una melodia ancestrale del Tutto che è Uno. Puoi ascoltarne il suono ritmato in questo video:


Lascia partire la traccia audio del video e poi partecipa al canto, l'autentico inno universale, sperimentando liberamente la benefica vibrazione che diffonde. Respira e vivi fluendo, come acqua che scorre per assecondare la corrente del grande fiume e solo così il suo movimento diventa danza e melodia.


Esercitati a riconoscere la coscienza universale OM SO HAM. È ovunque, luce e gioia per l'anima, ed è anche in te, così come in tutto ciò che è.
Questo inno universale celebra l'essenziale unità della vita e il risveglio della coscienza cosmica. È il miglior augurio da diffondere per propiziare un nuovo anno in armonia con i ritmi autentici dell'essere infinito.


Stefano, Mariavittoria, Fabrizio


IMPARA A DANZARE AL RITMO DELLA VITA

"Chi ha immaginazione automaticamente cerca conoscenza, ma chi cerca conoscenza non sempre raggiunge l'immaginazione. E l'Eroe sgombra la strada attraverso una nuova fenomenologia della percezione."







lunedì 14 dicembre 2015

Riconoscere la vita

Vivere è la cosa più rara al mondo
La maggior parte della gente esiste, 
ecco tutto.
Oscar Wilde


Quando ci ricordiamo della vita?

Nell’esistenza quotidiana siamo assorbiti dai problemi, lottiamo, ci agitiamo, non siamo certo interessati a contemplare la natura dell’esistenza. Esercitiamo l’autoconsapevolezza a corrente alternata con esiti titubanti. Eppure non serve essere sul punto di perdere la vita per vederla, come non è necessario uno shock, esemplificato dalla carta della Torre, il XVI Arcano dei Tarocchi, per farcene apprezzare l’importanza e la bellezza.


Questo periodo dell’anno è molto particolare: se da un lato la natura si addormenta, i semi giacciono al buio nel nudo terreno, le creature rallentano i ritmi vitali per far fronte all’inverno, dall’altro la frenetica esistenza umana a dicembre si divide fra le scadenze di fine anno, le festività, i pranzi aziendali, i cenoni e l’esasperazione della tendenza consumistica. Da una parte la natura si contrae, entra in uno stadio riflessivo, dall’altra noi guardiamo all’esterno e soffochiamo il silenzio con un coro di voci disarmoniche. 

Occorre trovare una sintesi verso un equilibrio più rispettoso delle nostre reali esigenze interiori, riconoscere la vita che ci circonda e provare ad entrare in contatto con essa.
Uno spunto interessante per trovare questo equilibrio consiste nel rivolgerci al regno degli alberi. Alcuni di essi, nonostante la stagione rigida, mantengono inalterato il manto sempreverde che li ricopre. Altri, pur nel loro scheletrico apparato di rami e tronchi, conservano intatta la magnificenza e la maestosità della loro presenza. Gli alberi sono creature straordinarie: la vita pulsa in essi indipendentemente dalla stagione e anche d’inverno, sotto la corteccia, c’è un essere vivente che può parlarci se solo sappiamo ascoltarlo.


Se abbiamo un giardino, probabilmente vi è un albero che ci è particolarmente caro, oppure conosciamo un luogo che ospita un albero a noi familiare. Proviamo coscientemente ad entrare in contatto con lui, facciamolo consapevolmente, senza aspettative, solamente con l’intento di connettere la vita che c’è in noi a quella di un altro essere vivente. Prima di stabilire una connessione con un albero, giungiamo a un metro dal suo tronco e fermiamoci, allunghiamo la mano ed entriamo in contatto con la sua energia, chiedendo mentalmente il permesso di avvicinarci ulteriormente. Un leggero pizzicore sul palmo della mano o qualsiasi altro segnale che la nostra sensibilità possa farci percepire, è sufficiente per farci capire che siamo ben accetti. Ora possiamo avanzare, toccare il tronco e sentire distintamente il flusso vitale che scorre in questa meravigliosa creatura. 



Da questa interrelazione traiamo il massimo dei benefici. Entriamo in relazione con la vita in maniera placida, intima, armonica. Siamo sulle soglie di un mondo che procede seguendo ritmi interiori e non dettati dalle convenzioni o da standard preconfezionati; ci affacciamo su energie più limpide, più pure, molto meno affaticate da sforzi compiuti per soddisfare le aspettative altrui. È un luogo di pace, riposante, rilassante, rinvigorente, ritemprante.

Come non può esserci uno scambio vitale importante con una scultura vivente, l’albero, che utilizza per il suo ciclo vitale il nostro prodotto di scarto, l’anidride carbonica, ed espelle l’elemento che ci garantisce la vita, l’ossigeno? 
Alla fine stacchiamoci con dolcezza e ringraziamo l’albero per la straordinaria lezione di vita appena appresa. 

Fabrizio






lunedì 30 novembre 2015

Ricominciare

Come possiamo fare qualcosa di impossibile?
Con entusiasmo.
Paulo Coelho

Ho tratto questa citazione da uno dei tanti intensi dialoghi che animano la trama di Monte Cinque; è il profeta Elia a rispondere all'ovvia domanda posta dagli sparuti superstiti di una città in macerie. Poco prima li aveva illuminati sul senso delle illusioni:

"Voi non avete mai avuto illusioni, ed è per questo che la vostra gioventù si è nascosta. Adesso è il momento di andarla a prendere, giacché abbiamo un sogno comune: ricostruire..."


Ricostruire una città nel deserto, con tutta la sua complessa architettura intrisa di funzionalità e bellezza a misura d'uomo, è un'ottima metafora di quello che comporta rifarsi una vita. Per quanto doloroso possa sembrare, ricostruire dalle macerie è molto più creativo dell'aggiungere o aggiustare ciò che c'è già.
In effetti, non potendo creare veramente nulla dal nulla, poiché anche le invenzioni sono semplicemente realizzazioni materiali di qualcosa che già esiste sul piano metafisico, le nostre “creazioni” saranno tanto più innovative quanto disporremo di materiali grezzi con i quali esprimere la nostra capacità ricreativa (in tutti i sensi di questa parola troppo a lungo sottovalutata).


Certo, non sempre, non ad ogni costo, bensì valutando di volta in volta quanto sia opportuno fare tabula rasa. Smantellare una casa per ricostruirla può sembrare più oneroso di ristrutturare le preesistenze, anche se nel secondo caso l'architetto dovrà affrontare delle limitazioni che potrebbero rivelarsi perfino più stimolanti di una completa libertà. D'altro canto, l'apparenza potrebbe ingannare: quanto può essere creativo un dolce preparato da noi seguendo scrupolosamente la ricetta di qualcun altro, rispetto a una torta preconfezionata che abbiamo decorato in modo molto originale? Probabilmente in entrambi i casi la sostanza non cambierà: mancanza di inventiva, ovvero scarsa autenticità. Tutto dipende dalla consapevolezza delle decisioni che guidano le nostre azioni. Lo stesso si potrebbe dire di un vestito o di una professione: quanto c'è di tuo in ciò che fai e quanto ti rispecchia veramente?


Sia che introduciamo piccoli cambiamenti graduali nella routine quotidiana o ci dedichiamo anima e corpo a una radicale rivoluzione esistenziale, mettersi costantemente in discussione è il modo più sano per rispondere costruttivamente all'impulso evolutivo che ci sprona verso il cambiamento. Scegliere coscientemente di evolvere si rivela un passo decisivo per ampliare gli orizzonti della propria consapevolezza, poiché nei ritmi vitali tutto scorre, tutto fluisce ciclicamente: cambiare per rimanere se stessi (coscienti), morire in vita (distruggere ciò che è vecchio in noi) per vivere in eterno (rinnovare lo spazio interiore). Sono queste alcune delle chiavi di volta nei riti di passaggio che si incontrano lungo il cammino.


Spesso le divinità distruttrici sono le più temute, ma è solo il nostro attaccamento al passato che cerca di evitarle ad ogni costo nel vano tentativo di ignorare l'evidenza della realtà: Shiva il Distruttore, ad esempio, è essenzialmente il dissipatore delle tenebre dell'ignoranza che incatena gli schiavi. In modo analogo, Gesù disse:

"La verità vi renderà liberi"

Ogni paura si affronta con coraggio, e quando la voce del cuore indica il cammino, tutto diventa possibile, l'entusiasmo (la luce del divino che è in ciascuno di noi) può smuovere montagne. Allora, sotto il cumulo di macerie delle illusioni perdute, scoprirai che un sogno attende di essere riportato alla luce della consapevolezza. Ed ecco che il percorso accidentato dell'esistenza diventerà un viaggio cosciente nell'anima del mondo. Oltre le illusioni troverai la tua vera realizzazione.

Mariavittoria 







lunedì 16 novembre 2015

Il tempo della Forza

Gli uomini che non hanno mai tempo 
sono quelli che fanno pochissimo.
Georg Lichtenberg


La giustificazione superba del mondo “moderno” è quella di non avere tempo. Non si ha tempo per leggere, non si ha tempo per cucinare cibi sani, non si ha tempo per fare le cose che piacciono davvero, non si ha tempo nemmeno per prendersi cura di se stessi, ma così qual è il reale messaggio che si sta trasmettendo all’universo? 


Questo atteggiamento equivale al gridare: “Non mi interessa, non è una mia priorità, non ho alcuna intenzione di dedicarmi ad alcuna di queste faccende”. Non avere tempo è uno degli autoinganni più frequenti e collaudati dietro ai quali l’uomo si nasconde per adagiarsi sulla pigrizia o per farsi trascinare dall’inerzia e, in ultima analisi, per stazionare in un’autoindulgenza che blocca l’evoluzione. Un’altra mistificazione globale è la nemesi della prima: non sapere come “ammazzare” il tempo. Si vive la propria vita mossi dall’obiettivo di “far passare qualche ora”, ammorbati dalla lentezza delle lancette e dalla noia esistenziale. Come se occorresse ossessivamente trovare un modo per impiegare il tempo e come se l’obiettivo della vita consistesse nel macinare un secondo dopo l’altro, solo per arrivare alla fine della giornata.


Entrambi gli atteggiamenti nascondono un rapporto alterato con il tempo, che diventa un nemico da affrontare per non farsi travolgere oppure si trasforma in un’entità letargica e amorfa davanti alla quale si cerca di non soccombere.
In realtà il tempo non è una macchina da guerra che ha ingaggiato un’eterna battaglia con gli uomini. Il tempo non è un tiranno, è malleabile, non ha un’esistenza a sé stante, ma è una proiezione indissolubilmente legata alla nostra percezione. Pertanto, occorre prestare attenzione al proprio rapporto con esso e trovare un buon equilibrio, che consta nel non pensare di averne a disposizione una quantità illimitata, onde non incorrere nell’errore di diluire i propri sforzi e le proprie intenzioni in una miriade di rivoli inconsistenti. D’altro canto, non bisogna farsi prendere nemmeno dalla frenesia di beffare il tempo, nel vano tentativo di fare quante più cose possibili, per non correre ossessivamente ed inutilmente avanti e indietro come un pendolo. Non è attraverso il controllo che si può colloquiare con il tempo. Occorre invece scendere a patti, e stipulare un accordo per provare meravigliose sensazioni.


Proviamo a fare questo esperimento.
Se ci troviamo a dover far fronte ad una situazione che implica il portare a termine un compito ingrato, che ci annoia, ed abbiamo la tremenda sensazione della lentezza esasperante con la quale le lancette dell’orologio avanzeranno in questa penosa incombenza, non scoraggiamoci.
Se dichiariamo di voler svolgere questa attività con coscienza e diligenza, cambiando la percezione relativa al nostro compito, dal nulla compare un flusso di energia, il tempo diviene docile e malleabile e la Forza si manifesta. Certo, occorre mettere l’anima, anzi accordare anima e ragione, in quello che si fa, per farlo al meglio e con totale dedizione. Non pensate che fare un lavoro male e investendo poche energie sia redditizio, anzi, tutte le poche energie impiegate saranno spese unicamente per contrastare la pigrizia. La Forza entra in gioco quando qualcuno, coscientemente ed intenzionalmente, consapevolmente e diligentemente, nell’unità di anima e ragione, cerca di fare qualcosa al meglio delle proprie possibilità e capacità. In questo caso, sarà il tempo a seguirci, donandoci tutte le sue benedizioni.
Fabrizio


OPERA IL RISVEGLIO


"Il lavoro di risveglio della coscienza è un'opera di trasmutazione alchemica che ognuno di noi deve compiere all'interno di se stesso, prendendo su di sè la responsabilità per il cammino intrapreso."






lunedì 2 novembre 2015

Affrontare la morte

La prima condizione dell'immortalità è la morte.
Stanislaw Jerzy Lec

Ogni anno in questa data ricorre la Commemorazione dei defunti, istituita dalla Chiesa cattolica attorno all'anno mille e probabilmente ispirata al rito bizantino con il quale si ricordavano tutti i morti, in un periodo coevo alle festività romane dedicate ai defunti, dette feralia perché era usanza “portare” (lat. fero) doni e offerte sulle tombe dei propri cari.
Osservando l'interminabile e composita processione di persone in visita ai cimiteri in questi giorni, con il loro carico di nostalgie, tristezze, rimpianti, ma anche rancori e risentimento, viene spontaneo interrogarsi sul rapporto che gli esseri umani hanno instaurato con la morte, specialmente in Occidente, e mi sovviene una celebre costatazione del Dalai Lama:

Gli uomini vivono come se non dovessero mai morire e muoiono come se non avessero mai vissuto.

Certamente, a questo mondo si arriva piuttosto impreparati: alla nascita non ci viene fornito un “manuale di istruzioni”, per vivere è necessario imparare o ricordare tutto da sé, e già questo dice molto del generale stato di inconsapevolezza in cui versa l'essere vivente, ma cosa ancor più notevole, la maggior parte delle persone si lascia cogliere di sorpresa anche al momento della morte, che diventa così l'ultimo ineluttabile shock di una lunga serie di traumi apparentemente inspiegabili. Eppure, una maggiore consapevolezza della morte può rivelarsi fondamentale nel percorso che porta a cogliere il senso della vita.


Non so dire se l'essere umano giungerà mai a comprendere cosa sia effettivamente la vita, tuttavia, una semplice scorsa al significato letterale dei principali lemmi escatologici offre preziosi spunti di riflessione. Consultando un qualunque dizionario possiamo leggere le seguenti definizioni:
  • ESISTENZA: il far parte delle cose vere e reali.
  • VITA: il tempo compreso tra la nascita e la morte.
  • NASCITA: venuta al mondo, inizio della vita.
  • MORTE: cessazione irreversibile di ogni attività vitale in un organismo umano, animale o vegetale.
Significativamente, la definizione più vaga riguarda il concetto di esistenza, evidentemente una condizione che include ma non si limita alla vita, che al contrario è circoscritta sia in termini temporali (il periodo tra la nascita e la morte) sia spaziali (l'esistere nel mondo in un organismo psicofisico). Dunque, anche se il percorso dell'esistenza di ciò che è vero e reale continua, la morte sancisce il capolinea del viaggio chiamato vita.
La consapevolezza della morte mette a nudo una verità inconfutabile: essere vivi significa avere ancora del tempo nel mondo e un corpo a disposizione. In questo senso, non vi è nulla di più democratico della morte per ricordarti, per tempo, di essere in vita e riportarti al vero Lavoro: risvegliare la macchina biologica e uscire dall'inganno del tempo tiranno.


A volte si sente dire che “il tempo è denaro” (un film del 2011, In Time, esplora questo paradosso della realtà fino alle sue estreme conseguenze sociali), ma potremmo anche affermare che la vita si misura in unità di tempo, la cui percezione è però totalmente soggettiva: cos'è l'immortalità se non un salto qualitativo tale da annullare ogni necessità di quantificare il tempo? Per ciò che è vero e reale, quindi immortale, il tempo è irrilevante, mentre ogni creatura vivente esiste all'interno di uno spazio e di un tempo limitato. Il tempo e l'organismo psicofisico sono le principali risorse, inestimabili e limitate, a disposizione dell'essere vivente, e il loro utilizzo è ciò che fa la differenza nella vita. In definitiva, la padronanza di Sé, anche in termini di consapevolezza nel continuum spaziotemporale, è l'unica possibilità per uscire dall'illusione ed accedere all'autentica libertà dell'essere.


Si narra che Salomone, il più saggio tra i re d'Israele, profondo conoscitore di angeli e demoni, nonché dell'animo umano, indossasse sempre un anello con incisa una scritta da consultare ogniqualvolta dovesse prendere una decisione. L'incisione riportava le seguenti parole: Anche questo passerà. L'equanimità e la retta predisposizione all'azione nascono dalla netta consapevolezza che tutto è transitorio nella vita.
Ancora più incisivo era il memento mori dell'antichità latina, ovvero Ricordati che devi morire, un eloquente monito che si soleva bisbigliare alle spalle dei grandi condottieri nel momento del loro massimo trionfo, per evitare che superbia e vanagloria ne offuscassero l'intelletto e la condotta.
Ed ora presta attenzione: ti propongo un esercizio per corroborare all'istante la tua consapevolezza.
Qualunque cosa accada dopo la morte, è certo che non avrai più tempo e non avrai più un corpo per interagire nel mondo fisico. Allora due domande riassumeranno la storia della tua vita:

Come hai speso il tuo tempo?

Come hai utilizzato il tuo veicolo corporeo nel mondo?

Le risposte potranno non piacerti, ma a quel punto sarà troppo tardi. Rendertene conto adesso è quindi essenziale, perché finché sei in vita hai ancora tempo e spazio per riscrivere la tua storia. Di fronte al dubbio o alle avversità, ricordati che devi morire!
  • Ricordati che devi morire! Cos'è davvero importante adesso? Cosa stai rimandando nell'illusione di avere tutto il tempo del mondo?
  • Ricordati che devi morire! Quanto valgono i tuoi pensieri fissi, le tue ansie e preoccupazioni alla luce di questa consapevolezza?
  • Ricordati che devi morire! A cosa e a chi intendi dare spazio e tempo adesso?
Tutto può accadere in un istante, se fosse l'ultimo giorno della tua vita cosa faresti? A quali cose e persone daresti davvero importanza? Scrivile subito su un foglio e ricordale sempre nei tuoi pensieri, nelle tue parole e nelle tue azioni.
Non sai quando morirai, non puoi saperlo esattamente, e nessuno può arrogarsi il diritto di stabilirlo, ma hai tutto il potere di decidere come vivere adesso e fino all'ultimo istante.
Ecco come la consapevolezza della morte all'improvviso può restituirti alla vita e portarti ad accorgerti di ciò che è vero e reale.
Mariavittoria


 IMPARA AD AFFRONTARE LA MORTE
E RISCOPRI IL SENSO DELLA VITA

"Ogni viaggio sciamanico è unico, e l'unicità di un viaggio sicamanco consiste nell'esser sempre lo stesso eppure diverso...Un viaggio sciamanico è un viaggio in discesa, non il salita, nei livelli organici, e poi avviene la risalita alla normale vita sciamanica."




"Proprio come i lobi del cervello umano periodicamente trasferiscono un'attività da uno all'altro, dall'emisfero sinistro al destro e dal destro al sinistro, allo stesso modo l'insegnamento, il dharma, si trasferisce da una parte all'altra del mondo...Così questo libro è il risultato della solita combinazione di insegnamento appreso e di esperienza su questi stati e sulle loro conseguenze. In realtà, ci sono davvero pochi individui in giro che conoscono queste cose, come scoprirete presto se cominciate a giornozlare sperimentado davvero questi stati e queste idee. Potrebbe anche accadere che mentre imparate a gestire la morte e la rinascita, intanto impariate a gestire la vita."


lunedì 19 ottobre 2015

Dieci minuti per reinventarsi


Lo scopo della vita è vivere e vivere
significa essere consapevoli,
gioiosamente, divinamente,
serenamente e con ebbrezza.

Henry Miller


E. J. Gold, in uno dei suoi illuminanti libri, La macchina biologica umana, analizza la macchina biologica umana intesa come meccanismo per la trasformazione evolutiva, guarda con occhio critico il nostro atteggiamento nei confronti del corpo umano e fa notare come nella nostra ultima ora prima di affrontare la morte, rimpiangeremo amaramente l’impossibilità di non poter più sentire adeguatamente le sensazioni del nostro corpo fisico. Ah, quanto daremmo allora per poter percepire l’allungarsi ed il contrarsi dei muscoli, il sapore del cibo in bocca, il fruscio del vento sulla pelle.


Non è mai troppo tardi per porsi in ascolto del proprio corpo, per poterlo sentire dall’interno, e accorgerci coscientemente che stiamo vivendo. Certo, a volte si ha la sensazione che il flusso di coscienza consapevole si eclissi molto velocemente, si espanda per un attimo e poi si contragga repentinamente. Eppure val la pena di non abbandonarsi ad atteggiamenti di abbattimento o frustrazione. Potremmo invece dividere la nostra giornata in intervalli brevi, diciamo di un’ora. Ecco, un’ora è tutto il tempo di cui disponiamo adesso, di quello che forse verrà in seguito non ci curiamo. Un’ora è la nostra esistenza. Se la nostra esistenza durasse un’ora, non investiremmo forse tutto il nostro impegno per poter estrarre dalla vita tutti gli insegnamenti, tutte le esperienze, tutta la consapevolezza di cui siamo capaci?


Ora dividiamo la nostra nuova esistenza in lassi di tempo ancora più brevi, diciamo dieci minuti. Viviamo i nostri dieci minuti, percepiamo il nostro corpo e le sue sensazioni, guardiamo che cosa abbiamo fatto, chi siamo stati e poi permettiamoci di essere diversi. Con questo espediente per vivere in modo più consapevole,“screiamo” il nostro mondo, come suggerisce Gary Douglas nel suo libro I soldi non sono un problema. In altre parole, possiamo essere noi stessi al di là delle convinzioni, dei limiti e dei ruoli che ci siamo autoimposti. Come abbiamo creato il nostro mondo nei dieci minuti precedenti, possiamo “screarlo” nei dieci minuti successivi in modo da poter sperimentare anche altre esperienze o stati del nostro essere che spesso ci precludiamo per inseguire una coerenza forzata ed un insieme di ruoli che ci siamo costruiti a tavolino. La tecnica dei dieci minuti consente di rifocalizzarsi sull’istante che si sta vivendo, interrompendo il flusso continuo che lega il passato al futuro senza passare per il presente.


Forza allora, teniamo la schiena diritta, sentiamo il beneficio che da questa postura eretta il nostro corpo ricava, assaporiamo la vita a piccoli sorsi, godendo pienamente del nostro corpo, gettiamo via le maschere che ci siamo creati, portiamo alla luce nuove parti di noi stessi, lasciamo che la nostra anima faccia nuove esperienze e scopra che cosa le piace e la illumina davvero. Rimaniamo in costante e vigile attenzione, entusiasmandoci e guardando con occhi diversi intere porzioni di mondo che avevamo sempre giudicato frettolosamente. Siamo coscienti, rientriamo in noi, non cavalchiamo onde che non ci appartengono e, per dirla con le belle parole di Zeland, smettiamo di voler essere i migliori e proviamo invece a diventare unici: semplicemente noi stessi.
Fabrizio




INIZIA IL LAVORO PRATICO SU DI TE

"Dobbiamo renderci conto che, usando solo la mente razionale, non possiamo verametne capire che la macchina biologica è addormentata e che l'Essere si è identificato con essa, e che ciò rende impossibile il conseguimento dello scopo della vita umana sulla Terra: rendere la macchina biologica umana un apparato per la trasformazione e la possibile evoluzione dell'Essere."









lunedì 5 ottobre 2015

Forgiare il proprio destino

Noi non siamo esseri umani
che vivono un'esperienza spirituale.
Noi siamo esseri spirituali
che vivono un'esperienza umana.
Pierre Teilhard de Chardin

Nel mio post precedente ho ricordato che Il karma non esiste, perché per quanto accattivante, l'idea di karma e reincarnazione è soltanto l'ennesimo esempio delle tante convinzioni arbitrarie nelle quali gran parte dell'umanità indugia da millenni, incantata dalla propria immagine riflessa, a causa di una conoscenza ancora superficiale delle proprie effettive peculiarità, nonché delle inestimabili potenzialità evolutive racchiuse in ogni individuo.


Non intendo dirimere la questione in termini filosofici, non avrebbe senso, dal momento che proprio come i gusti anche le convinzioni personali non si discutono. Tuttavia è sufficiente porsi una semplice domanda: la reincarnazione aggiunge veramente un tassello significativo alla coscienza dell'individuo o è solo idea da collezionare insieme agli altri trofei di un'erudizione vuota e inconcludente? Non sarebbe più evolutivo imparare ad utilizzare la mente per imparare a conoscersi e vivere adesso, anziché lambiccarsi il cervello riguardo a possibili o probabili vite passate, future o in altri mondi?


Siamo qui, e non è certo un caso. Un'incarnazione umana rappresenta un'opportunità unica per lo sviluppo cosciente dell'essere: dal momento della nascita e per tutta la durata della vita terrena l'essere umano ha la possibilità di rendersi consapevole della propria esistenza, sviluppando la coscienza di un individuo senziente e forse perfino qualcosa in più. Il contatto con la materia fornisce l'attrito necessario per innescare la scintilla di consapevolezza che porta alla certezza della coscienza IO SONO, una fiamma inestinguibile. Da quel momento l'essere umano costruisce la propria individualità, esprimendo talenti e vivendo esperienze che proseguiranno anche dopo il passaggio chiamato morte. L'anima difatti è immortale e il suo viaggio rappresenta un eterno presente di infinite possibilità da realizzare. D'altro canto, anche l'apparato psicofisico umano è una realtà complessa che una volta animata consente di vivere coscientemente un'esperienza unica e irripetibile nella materia.
Il fine di una vita consapevole potrebbe essere il proprio miglioramento costante, non tanto perché qualcosa di sé vada corretto, quanto per onorare quel sano impulso all'autoperfezionamento, o meglio alla rettificazione, che muove l'intera creazione in una spirale evolutiva d'intensità crescente, dalle viscere dell'immanifesto al cuore pulsante del nostro universo.


Alla luce della consapevolezza, smetti di arrancare nel vano tentativo di essere migliore e comincia a diventare semplicemente chi sei veramente: un essere unico, che può davvero arrivare a forgiare il proprio destino, raggiungendo la padronanza nella capacità di interpretare attivamente il ruolo di scrittore e attore della storia immortale e infinita che chiamiamo vita.

Mariavittoria



RICONQUISTA IL VERO POTERE

"Voi attirate e manifestate ciò che corrisponde al vostro stato interiore."






lunedì 21 settembre 2015

Briciole di consapevolezza


Un monaco chiese a Chao-Chou: “Sono appena entrato in monastero.
Ti prego, dammi qualche consiglio.” 
Rispose Chao-Chou: “Hai mangiato la zuppa di riso?”.
Il monaco disse: “Sì”.
E Chao-Chou: “Allora va a lavare la tua ciotola”.
Detto Zen


Molto si può imparare dal mondo che ci circonda. La Natura è una maestra instancabile. Pochi sanno leggere ciò che ci accade quotidianamente e trarne utili insegnamenti con la stessa spontaneità e profondità di Omraam Mikhael Aivanhov e dei maestri zen. Proviamo a guardare anche noi con occhi nuovi quel che ci accade intorno.


Che cosa succede ad esempio se ci dimentichiamo delle briciole su un tavolo? Se attendiamo sufficientemente, soprattutto se ci troviamo in un ambiente esterno, noteremo che formiche, mosche ed altri insetti si precipiteranno a banchettare sugli avanzi che abbiamo lasciato. Una volta fatta pulizia, invece, constatiamo che anche gli insetti scompaiono.
Ora volgiamo la nostra attenzione dentro di noi. Che cosa succede se lasciamo della “sporcizia” al nostro interno sotto forma di pensieri negativi, ossessivi, discordanti? Attireremo uno stuolo di insetti ronzanti ed indesiderati quali ansia, preoccupazione, senso di colpa, frustrazione, etc. 
Una volta appresa la lezione, non dovremmo più lasciare briciole sul tavolo. Invece, anche se abbiamo constatato come la “sporcizia” interiore proietti i suoi deleteri effetti su di noi, proseguiamo imperterriti a produrne e a non smaltirla mai.
Troviamo semplicemente insopportabile la “sporcizia” esteriore ma conviviamo con spensierata disinvoltura con la spazzatura interiore. La ignoriamo, ce ne disinteressiamo, la seppelliamo da qualche parte sperando che sparisca da sola.
Questo avviene probabilmente perché attribuiamo maggiore importanza alle cose visibili che a quelle invisibili, anche se, come il Piccolo Principe sottolinea, l’essenziale è invisibile agli occhi.


C’è un grande rischio ad accumulare e non smaltire la spazzatura interiore lasciandola sprofondare nell’inconscio. La nostra vibrazione fondamentale, il biglietto da visita che, istante dopo istante consegniamo all’universo, mostrerà inequivocabilmente i segni del nostro disordine crescente. 
Il primo passo per eludere questo rischio è accorgersi, divenire consapevoli di quanto ci sta accadendo interiormente e non ignorare ogni sintomo rivelatore. Occorre diventare vigili e prestare debita attenzione a quello che introduciamo dentro di noi e alle eventuali scorie che produce. Ancora una volta non è unicamente al piano fisico che dobbiamo guardare (alimentazione) ma anche a tutti pensieri (non nostri), idee (non nostre), preconcetti, rumori di cui quotidianamente ci nutriamo. Tanto più ciò che introduciamo è rozzo, grossolano, infido ed informe, tante più briciole e residui lascerà dentro di noi.
Agiamo quindi su due fronti: impariamo a riconoscere le briciole dentro di noi a ad eliminarle e al contempo iniziamo ad introdurre “cibo” sano, nutriente e apportatore di luce. La nostra natura è di risplendere, non di diffondere nubi di oscurità. La nostra natura è di abitare un corpo sano ed una mente limpida e cristallina. 

Fabrizio


IMPARA A GESTIRE IL POTERE DELLE EMOZIONI

"Per rimanere concentrato su ciò che più conta nella vita, devi resistere alla tentazione di soddisfare il tuo ego vendicandoti di ogni singolo camion di spazzatura emotiva che ti attraversa la strada. Non sentirti bene quando ti vendichi dei camion. Sentiti bene quando li lasci passare oltre."







lunedì 7 settembre 2015

Il karma non esiste


La realtà non è quello che ci hanno insegnato.
Siamo disposti ad accettare questa possibilità?
Paxton Robey


Siamo ancora lontani da un utilizzo pienamente consapevole delle facoltà umane, fino a quel momento sarà necessario tenere presente che la mente mente, e non si tratta di un'eventualità remota, bensì di una costante per chi non è abituato ad osservarsi attentamente.


Il cervello, infatti, non distingue tra percezioni “reali” e impressioni indotte da una varietà enorme di fonti “virtuali” idonee a trasmettere suggestioni sensoriali (visioni, ricordi, rivelazioni...), come un'antenna sintonizzata sull'immensità, capta tutto quello che proviamo e percepiamo. Questa enorme mole di impressioni finisce immagazzinata, sotto forma di pacchetti di informazioni, in luoghi per noi inaccessibili consciamente, dai quali, tuttavia, può riemergere in qualunque momento si ristabilisca la connessione mnemonica tra ricevente (il cervello) e trasmettitore (fonte emittente). A queste suggestioni elettromagnetiche, e potremmo dire “ambientali”, vanno aggiunte, come minimo, quelle di natura intrinseca e più strettamente ereditarie, contenute nel nostro DNA, che possiede la memoria dell'intera specie e i potenziali delle sue evoluzioni genetiche.


Da queste semplici constatazioni di ciò che è rispetto a ciò che appare, conseguono tre prerequisiti cruciali per vivere in modo consapevole:
  1. Selezionare scientemente la qualità dei nostri pensieri e delle nostre percezioni (sensoriali e sentimentali) è una prassi di puro buon senso per non sovraccaricare inutilmente di spazzatura quei campi energetici o memorie dai quali poi ci ritornano, più o meno elaborate, le stesse informazioni che abbiamo inviato.
  2. Essere consapevoli che i nostri ricordi derivano principalmente dalla nostra capacità, spesso inconscia, di accedere ai pacchetti di informazioni contenuti in varie banche dati, che si tratti della nostra memoria genetica o di un campo energetico di altra natura. La mente fa sistematico ricorso a queste memorie per trovare nell'esperienza nostra e di altri soggetti (i nostri avi, ma anche perfetti sconosciuti di ogni dimensione spaziotemporale) risposte ai quesiti e alle situazioni della vita attuale. Nasce così quell'insieme di associazioni di idee che tramutate in azione definiscono degli schemi comportamentali non sempre efficaci e quantomeno ripetitivi.
  3. Sapere che mentre la mente è sintonizzata su tutto quello che è già stato (ovvero sulle informazioni delle suddette banche dati), l'anima viaggia liberamente nelle potenzialità ancora da realizzarsi. Lo fa in sogno, esplorando lo spazio delle varianti (per utilizzare un termine coniato da Vadim Zeland, di cui conviene oggigiorno conoscere il sistema olistico) ma anche attraverso il dialogo con la coscienza, quando è sufficientemente sveglia da coglierne i segnali.
In definitiva, l'essere umano si trova all'incrocio tra passato (le percezioni mentali) e futuro (i progetti dell'anima) e solo vivendo nell'eterno presente può aspirare a realizzarsi in modo cosciente. È così che cade la necessità del karma, un sistema autoregolante, basato sulla legge generica di causa ed effetto, in cui ricade l'individuo soggetto all'ignoranza dei principi dell'evoluzione e alle emozioni negative (perché sottraggono energia, all'opposto delle emozioni positive o meglio potenzianti) come paura e senso di colpa.


Il karma ontologicamente non esiste, perché di per sé non è necessario per vivere pienamente e responsabilmente, tuttavia sarebbe un'illusione ritenere che non esista per tutti, poiché ogni sistema di causa ed effetto ha una sua logica interna. Se alla luce di tutto ciò che sai, conosci e sperimenti, pensi di avere ancora bisogno di sentirti in colpa e che ogni errore vada punito, il karma è pronto a ripagarti con lo stesso tenore di conseguenze punitive o preventive in linea con le tue convinzioni ed emozioni autosabotanti.
Se invece puoi davvero lasciare andare l'idea di errore, inteso come colpa da scontare, e le impressioni di un passato e di un futuro illusorie, perché comunque si tratta di dimensioni altre e diverse dall'adesso, letteralmente non hai tempo per il karma (No Time for Karma), ma solo per vivere il presente e probabilmente l'unica cosa che vorrai ricordare sono le regole del gioco della vita. Qualunque sia la tua scelta, ti auguro di cuore buon viaggio nell'evoluzione della coscienza.
Mariavittoria

Se vuoi familiarizzare con un'idea evolutiva di karma e iniziare ad uscire dalla trappola dell'ignoranza in modo spontaneo e gioioso, ti consiglio di leggere No Time for Karma di Paxton Robey. 







lunedì 24 agosto 2015

Consapevolezza ed evoluzione


Non essere consapevoli 
vuol dire non esistere.
Marshall McLuhan


Negli anni sessanta gli psicologi Paul Fitts e Michael Posner individuarono i tre stadi che una persona attraversa quando impara una nuova tecnica. Si inizia con la “fase cognitiva” in cui si impara la procedura e si scoprono nuove strategie per eseguirla nel miglior modo possibile. 


Si passa poi attraverso lo “stadio associativo” nel quale il soggetto necessita di un grado inferiore di concentrazione, commette sempre meno errori e diviene più efficiente. Si giunge infine alla fase dello “stadio autonomo”, nel quale la persona ritiene di essersi allenata abbastanza, procede in modo abitudinario e vive di rendita. Questo modo di procedere, praticato dalla maggior parte delle persone, comporta come conseguenza che, nonostante un individuo svolga per anni una determinata mansione, da un certo punto in poi, il processo di miglioramento si interrompa. Pensiamo ad esempio all’attività di guidare: dopo aver appreso la tecnica, la maggior parte degli automobilisti smette di concentrarsi sul come guidare, per inserire “il pilota automatico”. Risultato: i miglioramenti del proprio stile di guida col passare degli anni sono nulli. 
Anche nel Lavoro, per poter evolvere e progredire occorre essere costantemente consapevoli di quello che stiamo facendo, riconoscere quando ci accontentiamo di quello che sappiamo e siamo, e puntare con decisione verso uno sviluppo reale, qualitativo e non solo quantitativo. Naturalmente questo tipo di consapevolezza di sé richiede un impegno concreto che va al di là della semplice presa di coscienza della necessità di superare l'inerzia. La soluzione si chiama “pratica intenzionale” e consente di elaborare strategie per non cadere nell’automatismo. Questi sono i passi principali da seguire: 

1) Ci concentriamo sulla tecnica, nel nostro caso sulle strategie per sviluppare l’aspetto di noi stessi sul quale vogliamo lavorare; 

2) Non perdiamo mai di vista l’obiettivo finale, cioè evolvere; 

3) Ci premuriamo di avere un riscontro immediato e costante dei nostri progressi (individuiamo dove abbiamo sbagliato, come correggere gli errori, come costruire strategie che più si adattino alle nostre caratteristiche...) 

La “pratica intenzionale” deve essere più difficoltosa, nel senso che deve spingerci a oltrepassare i nostri limiti (i quali, se visti ed identificati, sono virtualmente già superati) e ad alzare il nostro livello. Se diamo retta alle voci della società che costantemente ci blandiscono garantendoci che certi limiti non sono superabili, non riusciremo mai a spingerci oltre. Dicevano che nessun uomo avrebbe potuto correre il miglio in meno di 4 minuti. Da quando Roger Bannister ha infranto quel limite, il tempo sul miglio è stato migliorato per ben 19 volte e oggi il record mondiale è 3'43"13.


Per migliorare occorre essere disposti a correre dei rischi e fare degli errori.

Per migliorare occorre osservarsi e imparare dagli errori.

Per migliorare occorre riesaminare, ripensare, ricominciare da capo.

La pratica costante, così come il numero di anni passati a praticare, non sono una condizione necessaria e sufficiente per progredire. Gli esperti si esercitano su cose per loro sempre più difficili e che fanno più raramente, i dilettanti continuano a cimentarsi in quelle che conoscono già.


Ed ecco un esercizio che fa al caso nostro:
Individuiamo un settore della nostra vita nel quale vogliamo migliorare. Possiamo scegliere qualcosa di molto concreto come acquisire una nuova abilità o conoscenza, ad esempio imparare una nuova lingua, oppure più elaborato come risolvere un problema che ci attanaglia da lungo tempo, ad esempio la paura del vuoto. Ora applichiamo la tecnica della “pratica intenzionale”, cerchiamo di applicare le strategie migliori, proviamo, riproviamo, concediamoci il coraggio di sbagliare senza sensi di colpa, concentriamoci, aumentiamo la consapevolezza, ricerchiamo il limite, proviamo ad infrangerlo, ripensiamo, riesaminiamo e, quando necessario, ricominciamo da capo.

Fabrizio

ESCI DAL LABIRINTO

"A nostra insaputa, noi viaggiamo in un labirinto, un dedalo macrodimensionale di viva forza elettrica, rivestito dal sottile strato dell'ordinarietà della vita di tutti i giorni."




lunedì 10 agosto 2015

Non sono stelle cadenti

Il segnale è una lingua.
È l'alfabeto che sviluppi per parlare con l'anima del mondo,
o dell'universo, o con Dio, qualsiasi nome tu gli dia.
Paulo Coelho


La notte di San Lorenzo è tradizionalmente un momento magico per guardare il cielo, magari ringraziando i molti amici, angeli, e maestri che ci sostengono e meravigliandoci alla vista di migliaia di sistemi siderali, che rappresentano solo una minima parte di quelli presenti nel nostro universo in costante espansione, ospite di più di duemila civiltà solamente nella nostra Galassia.


Stabiliamo un collegamento empatico con questi mondi altri e altrove, sogniamo di loro come loro sognano di noi, in attesa di avvistare una delle centinaia di schegge della cometa Swift-Tattle che sfreccerà come un festone infuocato per un breve istante nel nostro campo visivo. Sappiamo che, per nostra fortuna, non è una stella cadente, bensì qualche particella di uno sciame meteorico che la Terra attraversa ogni anno in questo periodo. Quest'anno la massima frequenza e visibilità dello sciame delle Perseidi è previsto durante le notti del 12 e 13 agosto, uno spettacolo naturale scintillante e suggestivo, che come ogni altro evento vissuto con consapevolezza può diventare utile al Lavoro. A questo scopo, ti propongo un esercizio per partecipare attivamente all'appuntamento con il cielo stellato e trasformarlo in un'occasione di dialogo con il tuo Mondo.


Il Mondo di ciascuno è infatti una creazione unica, sempre pronto a comunicare con la sua creatura creante. Ognuno crea il proprio strato di realtà in modo più o meno consapevole, in uno scambio costante di informazioni tra coscienza, inconscio e superconscio. E i segni di questo dialogo sono dappertutto quando si è pronti a ricevere; l'ispirazione arriva nelle modalità più consone ad essere captate dalla nostra sensibilità. Accendo la radio ed ecco una frase significativa in una canzone mai ascoltata prima di un interprete a me sconosciuto, che più o meno dice così:

Sei ricco davvero solo quando hai tutto quello che non puoi comprare con il denaro

Si tratta di uno spunto molto significativo, perché la ricchezza è un desiderio tanto comune quanto travisato, e siamo nel periodo ideale per parlare di desideri.
L'esercizio della notte di San Lorenzo riguarda proprio l'affinamento della tecnica di espressione dei nostri desideri.
  1. Mettiamoci comodi, in una posizione favorevole all'osservazione del firmamento, e chiediamo al nostro Mondo di confermare la formulazione dei nostri desideri che va a nostro miglior vantaggio, quella davvero utile per il nostro benessere psicofisico e sviluppo spirituale.
  2. Una volta raggiunta la certezza che il nostro Mondo è ricettivo a questa nostra precisa richiesta di collaborazione (anche qui è possibile chiedere un segno di conferma, che arriverà in una forma per noi significativa), iniziamo ad elencare i nostri desideri, soffermandoci approfonditamente su ciascuno di essi.
  3. Il desiderio va dichiarato con pacata risolutezza, cercando di sintonizzarsi su ogni sfumatura di ciò che implica e contemporaneamente visualizzando la sua realizzazione nel modo più dettagliato possibile. La precisione è importante, unita alla certezza di volere davvero ciò che stiamo chiedendo.
  4. Continuiamo a definire e perfezionare la formulazione del nostro desiderio fino a quando avvisteremo una meteora, quella scia luminosa che squarcia il cielo sarà il segnale da parte del nostro Mondo di aver raggiunto l'espressione ottimale per quel desiderio.
  5. Una volta fissata la sua formulazione migliore, il desiderio ha tutte le potenzialità per avverarsi nelle modalità e nei tempi più opportuni, starà solo a noi rinnovare costantemente l'intenzione che si realizzi e quindi tener sempre presente dove il nostro Mondo ci sta accompagnando.
Una formulazione impeccabile dei desideri è la miglior garanzia per assicurarci un risultato felice nell'esercitare il nostro diritto a chiedere ed avere. In tal senso è bene rammentare che i principi per formulare un desiderio potente e onesto sono pochi ma indispensabili:
  • Responsabilità totale. Focalizzarsi solo su ciò che vogliamo davvero, evitando di evocare situazioni indesiderate;
  • Consapevolezza totale. Essere il più possibile precisi sotto ogni punto di vista, conferendo al desiderio tutte le potenzialità per diventare un obiettivo tangibile;
  • Emancipazione totale. Non cercare di influenzare attraverso il desiderio il destino o il comportamento altrui.
Ecco un esempio ipotetico di graduale perfezionamento della formulazione di un desiderio:
  1. Non voglio più vivere qui
  2. Voglio una casa nuova
  3. Voglio che mio marito si decida a cambiare casa
  4. Voglio una casa nuova di proprietà
  5. Sono intenzionata ad avere una casa nuova di proprietà
  6. Avrò una casa nuova di proprietà entro un anno
  7. Vivrò nella mia casa nuova entro un anno.
È probabile che in un caso simile il vostro Mondo lancerà scintille di entusiasmo ed approvazione verso la fine, visto che le prime formulazioni violano palesemente i principi sopra elencati. Notiamo tra l'altro l'evidente rischio di formulare il desiderio come è stato espresso al punto tre: potremmo ritrovarci nella stessa casa e per di più senza marito, il quale ha deciso di separarsi e andare a vivere per conto proprio anche se evidentemente le nostre intenzioni erano ben altre. I desideri espressi con costanza e convinzione si realizzano alla lettera, spesso non ci rendiamo conto della differenza tra ciò che vorremmo veramente e il modo in cui lo esprimiamo al nostro Mondo. In genere solo sbagliando si impara, ma farsi aiutare ad evolvere è sempre saggio e in questo caso non c'è miglior alleato del nostro Mondo, con il quale elaborare creativamente la miglior dichiarazione di intenzione e relativa manifestazione felicemente riuscita.


Infine, concediamoci anche una variante più tradizionale di questo esercizio di consapevolezza:
  1. Rilassiamoci completamente mentre osserviamo il firmamento senza aspettative;
  2. Quando una meteora verrà a salutarci, squarciando il buio con una scia d'oro e d'argento, dichiariamo il primo desiderio che emerge alla coscienza;
  3. Avendo pochissimi istanti è probabile che saremo molto sinceri e spontanei, sarà così un'occasione per scoprire le aspirazioni autentiche e forse da tempo sopite del nostro cuore.
Di solito un desiderio autentico lascia una sensazione di entusiasmo e meraviglia come se avessimo già ottenuto ciò che dichiariamo di volere, questo perché la sua realizzazione è in qualche modo già connaturata alla nostra esistenza, è, per così dire “nelle nostre corde”, insita nelle potenzialità della nostra energia. Si tratta di un'impressione molto simile a quella indotta dall'avvistamento inaspettato di una meteora. In effetti, tutto nel nostro Mondo ha le potenzialità per diventare una piacevole sorpresa di quel genere: transitoria e intensa, arricchente nella misura in cui impariamo a trarne il meglio per la nostra evoluzione.
Comunque vada, alla fine della serata potremo parlare con i maestri dei risultati del nostro piccolo esperimento siderale, chiedendoci ad esempio perché il nostro Mondo ha reagito prontamente a certi desideri piuttosto che ad altri.
Anche il tuo Mondo comunica con te, se vi presti attenzione questa interazione diventerà sempre più ricca ed entusiasmante. In che modo scegli di sintonizzarti sulle frequenze della tua manifestazione della realtà? Ecco una domanda che potrebbe fungere da spunto per una riflessione stellare.

Mariavittoria

VIVI UN'AVVENTURA INTERPLANETARIA

"I sentimenti devono essere illluminati dall'intelligenza, per convertirsi in vero amore, e l'intelligenza deve essere illuminata dai sentimenti, per convertirsi in saggezza."