lunedì 29 luglio 2013

La spiritualità non è un hobby


Vivere la vita spirituale è la preoccupazione di ogni istante
                                                                          Omraam Mikhaël Aïvanhov


Non è un corso con cadenza settimanale.
Non è un’ora domenicale con la quale acquietare la coscienza.
Non è un interludio fra due frenetiche attività.
Non è una conferenza a cui si affidano tutte le speranze di crescita interiore.
Non è rincorrere forsennatamente la verità sui libri.
Non è un passatempo col quale tentare di riempire i propri vuoti.
Non è una scommessa, come soleva supporre Pascal, dall’esito probabilmente favorevole.
La spiritualità non è un hobby a cui appassionarsi, da rinchiudere in un angolo temporale della propria vita, da relegare in un angusto frammento di spazio, ben separato, come una camera stagna, dal resto della nostra esistenza.

La spiritualità necessita della formula all inclusive, ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette, trecentosessantacinque giorni l’anno.
Vi pare troppo?
Eppure non basta concentrarsi per qualche attimo tentando teoricamente di migliorarsi o di crescere spiritualmente. In questo modo, terminata la sessione, ci si alza, si ritorna a dovere fare i conti con la cosiddetta "vita reale", dove la pratica cancella quasi istantaneamente i buoni propositi, fino a farci sopire ed addormentare a noi stessi.

La spiritualità necessita di un paziente lavoro di travaso di tutte le nostre conoscenze teoriche nell’ambito pratico della vita che viviamo, nella nostra carne, nella densità della materia di cui il nostro corpo fisico è composto, densità che costantemente attraversiamo.
Per ottenere questo, occorre prima di tutto prendere atto dello stato di incoscienza nel quale quotidianamente ci muoviamo al fine di ritornare a noi stessi. In questo mondo dobbiamo muoverci consapevoli dei nostri pensieri, delle nostre parole, dei nostri sentimenti, delle nostre azioni. Un compito difficile, un lavoro certosino, una sfida stimolante a cui possiamo accostarci fiduciosi, tenendo presente che abbiamo dalla nostra alcuni assi nella manica. L’arte dell’accorgersi, per esempio, è fondamentale per verificare come la nostra mente fluttui via seguendo strade tortuose, inseguendo chimere, producendosi in flessuosi e fantasmagorici voli pindarici. Una volta superata questa prima fase, a volte piuttosto frustrante ma indispensabile, la capacità di accorgerci di noi stessi ci potrà condurre verso il risveglio, verso una nuova dimensione in cui  muoversi e agire in modo perfettamente cosapevole.

Un hobby però, come qualsiasi attività, atto o azione nella nostra esistenza, può diventare spiritualità. Una partita di tennis ad esempio. Proprio un momento prima di battere la pallina, mentre i pensieri si affollano dentro la nostra mente, mentre la convinzione di avere già il game in pugno si fa strada, mentre l’immagine del punteggio si sta già formando e si sta delineando la nuova strategia da adottare, possiamo fare su di noi un lavoro utile. Cerchiamo di affrancarci dalle aspettative che bussano con insistente petulanza alle porte del nostro cervello. Un punto è un punto, una pallina è una pallina. Nulla della sovrastruttura che stiamo elaborando mentalmente esiste mentre la racchetta si abbatte sulla pallina. Rimaniamo nel presente: nel rumore secco delle corde che si deformano, nella rotazione che imprimiamo alla pallina, nella velocità, nella forza, nella precisione che possiamo trasmettere al colpo. E nella gioia dell'essere e di esserci.
Presenza, consapevolezza totale nell'adesso.
Stiamo vivendo, stiamo crescendo, stiamo imparando.
Non ci è richiesto nulla di più.
Fabrizio


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COMPRENDI LA VISIONE OLISTICA

"Cercare di realizzare l'unità nella coscienza interiore e nella conoscenza del mondo dovrebbe essere il principale scopo della nuova cultura internazionale."





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