I giorni che precedono il
solstizio d'inverno nell'emisfero boreale sono i più bui dell'anno:
mentre le ore diurne si riducono ai minimi termini, nebbia e gelo si
impossessano del paesaggio e l'oscurità sembra invadere ogni cosa e
spesso prevalere inesorabilmente. È il ciclo dell'energia che
richiede questo passaggio nel pozzo della tenebra più nera, per
rinascere alla luce imperitura del sole invincibile.
Per quanto possa sembrare
spaventoso, questo desolante clima, interiore ed esteriore, a ben
vedere è solo un gioco di ombre: infatti, che cosa è la vittoria
della luce se non il trionfo della verità eterna che, per quanto
venga oscurata, per sua stessa natura non può che rivelarsi, essendo
testimonianza ed emanazione della realtà immanente e trascendente?
Il punto è che troppo
spesso omettiamo di attingere a quella luce eterna, presente anche
nei momenti più tetri. Soprattutto, dimentichiamo che, più di ogni
altra cosa, la luce per manifestarsi dipende da noi: in un universo
in cui tutto è connesso, ciascuno può fare la differenza. Se il
battito di ali di una farfalla può generare un uragano, che cosa è
in grado di fare la coscienza di un essere risvegliato alla
consapevolezza? Ce lo raccontano tutte le grandi saghe che hanno
catturato l'attenzione dell'umanità ed è il messaggio portante nel
codice dei cavalieri (dai templari ai jedi), negli
insegnamenti dei grandi maestri e nelle parole dei maghi illuminati.
Ritrovare l'energia della
luce è ciò che ci rende agenti resilienti dell'evoluzione. Per
questo non è necessario essere straordinari, basta essere autentici.
Non siamo ciò che facciamo, ma quello che facciamo rende conto di
ciò che di noi decidiamo di esprimere adesso e semina il futuro in
ogni giorno della nostra vita.
Manifestare la luce non è
facile, è una scelta, richiede il coraggio di comprendere oltre le
apparenze, dire no alla mediocrità e fare la cosa giusta, che spesso
non ha nulla a che vedere con il buonismo da salotto o con il
disfattismo con cui si cerca di affossare ogni speranza di
resurrezione della luce.
Manifestare la luce non è
alla moda e non balza agli onori della cronaca, perché il bene
sta nelle piccole cose che fanno del mondo un posto migliore e
che insieme formano l'immensa, inarrestabile e magnifica onda
dell'evoluzione.
Manifestare la luce non
fa rumore e non prevede ricompense immediate, anzi, a volte costa
tempo ed energia, più di quanto vorremmo donare, ma è proprio il
modo in cui decidiamo di impiegare le nostre risorse che crea il
percorso di una vita: della fine e del principio tutto, più o meno,
ci è già stato dato, ma il viaggio che unisce questi due punti è
il destino che ciascuno si sceglie qui e ora, giorno dopo giorno, è
il mondo che contribuisce a creare, ed è tempo di accorgersene,
perché conviene rendersene conto prima di doverne rendere conto.
Il mondo in cui vogliamo
vivere comincia da noi: ciascuno di noi dando il proprio esempio può
essere la promessa di una nuova speranza, un nuovo inizio, una nuova
era. Il risveglio è irreversibile e c'è ancora spazio per una fase
di transizione, ma conviene iniziare ad agire ora, prima che
l'oscurità si trasformi in oblio. Noi, tutti e ciascuno di noi,
siamo luce, se ce ne dimentichiamo è solo perché continuiamo a
guardare dall'altra parte.
Insegnare è ricordare agli altri che sanno bene quanto te.
Illusioni, Richard Bach
Oggi il Sole entra in
Sagittario, domicilio in cui lo attende il governatore del segno,
Giove, patrocinatore della Terra e, per estensione, dell'umanità cui
non può restare indifferente a patto che questa si dimostri
all'altezza della propria divina ispirazione. È questo un buon
periodo per parlare di libertà, specialmente da quelle illusioni,
celesti o concrete, che impedendoci di cogliere la nostra stessa
natura ci incatenano a un'esistenza meno che umana.
Naturalmente, come ogni
cosa veramente importante, il punto centrale, la chiave dell'arcano, si
nasconde nei dettagli, che però sono sempre stati sotto gli occhi di
tutti. Nessuno è più prigioniero dello schiavo che si crede di
essere il padrone. Qui non mi riferisco alla schiavitù fisica, anche
se purtroppo nemmeno a questo livello è stata debellata
dall'umanità, ma a quella che consegue all'inconsapevolezza
pressoché totale da parte dell'essere umano della propria condizione
di animale sociale pensante inesorabilmente assoggettato e
condizionato. Lo schiavismo psichico è subdolo e sottile, viene
alimentato da molteplici fattori e risulta talmente innestato in
profondità nel genere umano da passare praticamente inosservato.
Oggi vorrei invitarti a osservare questo fenomeno, che probabilmente
determina lo svolgimento della tua vita più di quanto
immagini, e magari a lasciar cadere qualche illusione propagandata
sin troppo assiduamente dalla spiritualità contemporanea e, con un
più alto tasso di precisione e intenzionalità, dagli zelanti
portavoce della disinformazione organizzata.
Innanzitutto, volendo
affrontare senza compromessi ciò che ci tiene in trappola, è
necessario comprendere veramente che cosa sia la libertà. Di per sé
l'interrogativo è arduo e scomodo da porsi in un'epoca in cui il
tempo sembra non bastare mai, anche se poi cerchiamo di occupare ogni
attimo della giornata, forse proprio per l'inconscia paura di
ritrovarci con un momento di vera libertà e scoprire di non sapere
cosa farcene. Avere della libertà non significa necessariamente
poterla o saperla utilizzare a fin di bene. Un po' come quei bovini
che vengono liberati per mostrare in televisione quanto siano liberi
e felici negli allevamenti: se ne stanno sul prato come inebetiti,
senza nemmeno brucare, perché non avendo mai visto l'erba fresca non sanno
che sarebbe il loro alimento naturale e aspettano soltanto di
ritornare rinchiusi nelle loro stalle, cosa che avverrà puntualmente allo
spegnersi delle telecamere. Un po' come chi vince alla lotteria e
finisce per sperperare ogni centesimo in poco tempo o chi non vede
l'ora che arrivi il fine settimana per uscire dalla ressa cittadina e
infilarsi nella ridda dei centri commerciali. Ci sarebbe quasi da
ridere se non ne andasse della nostra vita, del modo con cui per
incuria e ignoranza gettiamo via le nostre risorse più preziose,
solo perché nessuno ci ha mai insegnato a coglierne l'importanza e a
realizzarne il potenziale. Ci hai mai pensato? Quanta libertà hai
avuto veramente e quanta di essa hai avuto il coraggio di assaporare
fino in fondo? Non è facile, non è da tutti nemmeno chiederselo, e
sicuramente non è qualcosa che ti è stato insegnato a fare.
La libertà non è fare
quello che si vuole quando si vuole, al contrario, libertà, in
estrema sintesi e nell'orizzonte delle reali prospettive del genere
umano, significa assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
Ne consegue necessariamente che per essere veramente liberi bisogna
avere, o meglio sviluppare, la capacità di vedere quali scelte
possiamo fare, in breve, imparare a distinguere scientemente tra ciò
che dipende direttamente o indirettamente da noi e ciò che è oltre
ogni possibilità di controllo. L'alimentazione dipende sempre da
noi, perché siamo noi a scegliere di cosa e in che modo alimentare
il nostro apparato psicofisico e di conseguenza quanto e quale
nutrimento offrire all'anima. Un corpo e una psiche resilienti
offrono e costituiscono cibo spirituale di un certo livello,
preferendo la qualità alla quantità. Di questo ho già parlato
diffusamente in Resilienza alimentare, ma tra il dire e il
fare c'è di mezzo l'abisso dell'esempio personale: non basta avere
delle conoscenze, bisogna diventare quello che si sa, perché
soltanto l'esperienza ha un'influenza diretta sull'evoluzione, è
questo il significato, non solo letterale, di riuscire a realizzarsi.
Anche per questo Resilienza alimentare non è un trattato
teorico, ma un manuale pratico e sinceramente l'ho scritto proprio
perché da qualche parte si deve pur cominciare. Un piccolo passo
nella direzione giusta vale più di mille parole, se poi quel passo
viene fatto insieme, sulla via della condivisione, ben presto
l'esperienza del singolo diventerà oggi la scienza del domani,
comprovata dalle generazioni future.
Ora veniamo alle
illusioni, ovviamente ce ne sarebbero per tutti i gusti, ma
atteniamoci all'essenziale, proprio per questo soventemente
sorvolato, nocciolo della questione: è illusione pensare di poter
fare dei progressi spirituali sostanziali e duraturi con un corpo
appesantito da ogni genere di tossina e una psiche fuori da ogni
controllo, in cui imperversano pensieri obnubilanti ed emozioni
disturbanti. Forse ti sembrerà che stia esagerando, ma davvero pensi
che si possa raggiungere un qualche traguardo spirituale senza essere
in grado di padroneggiare il proprio veicolo psicofisico? Sarebbe
come pretendere di vincere una gara automobilistica senza saper
guidare o voler scalare una montagna senza aver prima imparato a
camminare. Non ti sembrano pretese eccessive e inverosimili? E pensi
sia soltanto un caso che questo genere di facilonerie riscuotano
tanto successo nell'epoca in cui si enfatizza la presunta necessità
di avere “tutto e subito”? Con questo non ti sto suggerendo di
smettere di svolgere ogni pratica spirituale fino a quando non avrai
ripulito e padroneggiato corpo e psiche. Piuttosto, ti invito a
scegliere le pratiche spirituali che non trascurano
l'addestramento psicofisico e che ti consentono di sviluppare ogni
parte di te in modo armonico ed evolutivo. Quali esse siano dipende
da te e dalle motivazioni profonde che ti spingono a intraprendere un
percorso spirituale, e sia chiaro che in una fase dell'evoluzione in
cui ci viene chiesto di spiritualizzare la materia non esistono
percorsi di vita che in qualche modo non si rivelino essenzialmente
percorsi dello spirito. Sei energia spirituale che si muove nella
materia e ogni tua scelta è un passo in più verso l'estinzione o
l'evoluzione della tua anima, del pianeta, dell'umanità.
Lo ripeto: ogni tua
scelta determina il risultato, in questo senso non c'è molta
differenza tra quello che scegli di mangiare o di dire o di fare,
qualsiasi cosa è una scelta, fa parte del tuo percorso di vita, e
ogni percorso è necessariamente spirituale. È lo spirito che in
modo sempre più consapevole esperisce la materia. Se così non
fosse, non potremmo nemmeno dire che siamo nati e che moriremo:
esattamente che cosa nasce e muore, precisamente che cosa entra nel
corpo e gli dà la vita, e poi esce dal corpo, ponendo fine a quella
stessa esperienza di vita? O forse la stessa idea di vita è
un'illusione, una mera convenzione progettata dalla particolare
percezione umana, essendo noi tutti, viventi e trapassati, parte
integrante della grande corrente continua dell'esistenza? Davvero
pensi che smetterai di esistere una volta varcata la soglia della
morte? Davvero pensi di non avere avuto un'esistenza prima di
nascere? L'interrogativo, se mai, non è quando esistiamo o
meno, ma quanto siamo consapevoli e coscienti della nostra
esistenza.
E con questo ci siamo
lasciati alle spalle anche l'illusoria differenza tra spirito e
materia, l'ultima grande illusione cui da millenni si fa riferimento
negli insegnamenti di ogni tradizione, e che nonostante questo forse
rimane la verità più trascurata nella pratica.
Mariavittoria
RITROVA
LA CONNESSIONE CON L'ESISTENZA ATTRAVERSO L'ESPERIENZA
LA VIA
DEGLI SCIAMANI
“Lo Spirito ha posto
in essere l'Anima e l'Anima ha posto in essere il corpo fisico.
L'edificazione del corpo fisico ha consentito alla mente umana di
essere creata ad immagine e somiglianza dell'Anima e come estensione
dello Spirito.”
Nonostante siamo abituati ad individuare un inizio dell’anno univoco, convenzionalmente nei primi giorni di gennaio, in realtà dal punto di vista psicologico possiamo determinare almeno due altri punti di svolta nel nostro percorso annuale.
Il primo è settembre, che molti di noi associano ad un nuovo inizio. Le ferie ormai alle spalle durante le quali abbiamo provveduto a rilassarci, a ripristinare livelli energetici adeguati, stimolano la nostra voglia di ripartire con un’enfasi speciale.
Inoltre, l’inizio della scuola è fonte di ispirazione anche per gli adulti per cimentarsi con corsi, nuove lingue, bricolage, fai da te, cineforum e svariate altre attività.
Il secondo e più profondo nuovo inizio è Samhain, il capodanno celtico, che cade proprio alla fine del mese di ottobre e ci introduce nelle brumose terre di novembre, traghettandoci letteralmente in una nuova dimensione.
Siamo nel pieno dell’autunno, una stagione enigmatica, satura di colori e di giochi di luce e la vibrazione che imprime il suo sigillo durante questo periodo ha delle peculiarità. L’afflato verso un nuovo inizio tipico di settembre incontra una certa resistenza già ad ottobre, quando la luce inizia a perdere terreno e lo slancio iniziale tende a rallentare il suo ritmo. Questa influenza giunge ad un punto cruciale proprio a Samhain, a partire dal tramonto del 31 ottobre, durante il quale il velo fra i mondi si appresta a cadere completamente, favorendo una più intima connessione con l’aldilà. Si tratta di un punto di svolta e di crescita dunque, che può essere vissuto come trampolino di lancio per rinvigorire la nostra consapevolezza, in grado di sbocciare nonostante il sole si tuffi sempre più prossimo all’oblio della luce.
Vero che le nostre energie in un certo qual senso vanno controcorrente, dovendo farsi strada in un periodo che è di contrazione e di riflessione intimistica. Tuttavia, proprio questo riconnettersi con le proprie più profonde fonti interiori ci consente di viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda che respiriamo nelle nostre giornate e di proseguire il cammino con rinnovata forza.
Se questa è la traccia da seguire per indirizzare coscientemente la nostra energia in modo da assecondare il flusso dell’universo, un’opera di allineamento consapevole può essere messa in pratica cogliendo i segnali che l’autunno inoltrato ci consegna con accurata precisione e con innegabile tempismo. La caduta delle foglie ci suggerisce di affinare e focalizzare la nostra energia attraverso un lavoro di pulizia e sottrazione, molto simile a quello che coinvolge il regno vegetale.
C’è sempre qualcosa di prezioso da imparare dall’innata saggezza naturale, e così come gli alberi rinunciano a quello che è diventato superfluo e si concentrano sull’essenziale, allo stesso modo noi dovremmo liberarci dalle ampollose propaggini del nostro ipertrofico io, abituandoci all’idea di tagliare i nostri rami secchi e di abbandonare il vecchio, sia esso rappresentato da schemi stantii, pensieri inoperosi, oggetti polverosi o legami improduttivi. Il cambio di stagione, se fatto in quest’ottica, può essere una attività sommamente catartica, che consente di far spazio al nuovo, di imbastire una seria riflessione su quanto sia davvero essenziale e stabilire un punto di partenza più sensato, per evitare di dissipare la nostra energia in mille rivoli.
In effetti, il periodo dell’anno che stiamo vivendo, come ogni svolta, rappresenta una grande occasione per fluire attraverso la vita con rinnovata disinvoltura e leggerezza, e per procedere speditamente sul nostro cammino in armonia con le leggi della natura e dell’universo.
Fabrizio
RISCOPRI
LA SAGGIA CONNESSIONE CON IL REGNO VEGETALE
EFFETTO BIOFILIA
“L’effetto biofilia è quell’istintiva attrazione che l’uomo ha nei confronti della natura. Significa riconnettersi alle radici, che non crescono nel cemento. Effetto biofilia vuol dire esperienza dell’ambiente e dei luoghi selvaggi, bellezza ed estetica naturale, liberazione dalle catene e guarigione.”
Ricordo bene di aver
scritto un post intitolato Il karma non esiste, e in quello
che segue non intendo contraddirmi ma approfondire un aspetto
dell'argomento su cui credo che non si rifletta mai abbastanza e che
genera conseguenze imponderabili.
“Vorrei ma non posso...
Se solo potessi...” è questo il mantra, più o meno inconscio, che ci rende schiavi di
un'ossessione karmica, insieme alla segreta convinzione che ci sia
qualcosa di profondamente sbagliato e ingiusto nelle cose che stiamo
vivendo nella realtà. Qualsiasi conseguimento viene quindi minato da
una vena di insoddisfazione che, per quanto lieve, può compromettere i
buoni frutti di ogni realizzazione, perfino quelli di una vita
intera, trasformandosi in un'insanabile inquietudine che si manifesta
come vaga irrequietezza e talvolta cede il posto alla frustrazione.
Non parlo della
sacrosanta indignazione che ti coglie quando sai, anche solo nel
profondo del tuo cuore, di aver intrapreso un cammino che non ti
corrisponde veramente, poiché è naturale che ignorare le proprie
autentiche aspirazioni, ad esempio costringendosi a vivere una vita
insensibile ai richiami dell'anima, faccia male anche a livello
psicofisico, e non mi riferisco nemmeno al senso di frustrazione
indotto dalla smania consumistica che porta a volere tutto e subito,
secondo logiche preconfezionate del tipo
nasci-cresci-riproduciti-muori, ovvero
produci-guadagna-spendi-consuma, no, l'ossessione karmica è molto
più profonda e conferisce un senso di cupa ineluttabilità ad ogni
aspetto della vita, per cui sì, potrai anche realizzare ogni
aspirazione dell'anima e ogni desiderio della personalità (sulla
differenza tra desiderio e aspirazione ti invito a leggere il mio
post Il segreto della felicità) e nondimeno sentire che comunque niente
ha veramente valore, perché ti manca qualcosa di fondamentalmente
importante, anzi, di essenziale.
L'ossessione è una forza
che sfugge alla coscienza e si esprime in atteggiamenti, attitudini e
comportamenti controproducenti, attraverso una reiterata staticità:
manie, ansie, fobie, fissazioni più o meno eclatanti che ci
impediscono di vedere le cose per quello che sono veramente e di
superare i limiti spesso solo immaginari o comunque autoimposti che
ci mantengono schiavi. Ecco una forza occulta che richiama un'ampia
categoria di indisciplinate idiosincrasie perseveranti, ostinate, che
resistono agli accomodamenti più lungimiranti del tempo e si
innestano nella pianta del karma personale, alimentandone le radici
millenarie e i semi di discordia.
Ossessioni karmiche: ne
sai qualcosa se incontri la tua anima gemella, e il tuo cuore l'ha
saputo dal primo istante (gli occhi a volte si distraggono e
sbagliano, ma il cuore ricorda sempre tutto) che è proprio lui/lei,
ma non c'è verso che riusciate a stare insieme, e magari non è
nemmeno la prima vita in cui capita, così si è creata una lunga
catena di irrisolti che impediscono l'evoluzione dell'anima e la pace
dello spirito, come illustra magnificamente un film finlandese, Jade
Soturi (“il guerriero di giada”, 2006), di cui ti invito a
guardare almeno questo riassunto (pochi minuti di musica e immagini
più che eloquenti):
Può anche avvenire che
ad un certo punto sia l'ossessione karmica ad avere la meglio e
queste due persone, che il destino si sforza di tenere separate, alla
fine si mettano insieme, ma è molto difficile comprendere appieno di
che natura saranno i frutti di tale ostinazione, se non un karma
ancora più stringente ed esasperato, come racconta in modo brillante
il film One Day (2011, dal romanzo Un giorno di David
Nicholls):
Lieto fine da cinema?
Niente affatto, quella che ti ho appena proposto non è la scena finale del film
(metafora di una vita, s'intende) bensì il punto di svolta, dal
momento che i due protagonisti hanno riconosciuto entrambi i propri
sentimenti e sono pronti a viverli, dopodiché tutto dovrebbe
risultare perfetto o quasi, giusto? Sbagliato! E ne ho già scritto
approfonditamente nel mio saggio dedicato alle Affinità elettive,
in cui Goethe affronta questo tema precorrendo i tempi dell'analisi
karmica delle relazioni di coppia. Allora, in sintesi, come fare per
uscire da questa situazione persa in partenza in cui ci si ritrova
immancabilmente incatenati alla ruota della sofferenza? Per prima
cosa, è necessario risolvere il conflitto generato da un
fraintendimento essenziale riguardo all'amore, ovvero la reciprocità.
Per i motivi più vari, nel corso delle nostre esistenze siamo stati
indotti a credere che l'amore sia una sorta di scambio più o meno
paritario, per cui, ad esempio, se ami una persona che non ti ama ci
deve essere qualcosa di sbagliato e quello che provi non è amore.
Niente di più triviale. Questa falsità bigotta avvelena gli animi e
trasforma il sacro mistero dell'amore in una istituzione socialmente
accettabile (come il matrimonio, ma vale anche per il patrimonio e
tutto il mercimonio che ne consegue). L'amore, la forza che tiene
unito l'universo, non si può ridurre o limitare. Amare qualcuno non
è mai sbagliato, ma pretendere di essere corrisposti è diabolico
(vale a dire crea conflitti e separazione), per giunta il vero amore
è sempre e comunque incondizionato e non potrebbe essere altrimenti:
che amore è quello per cui si smette di amare qualcuno perché non
ci corrisponde come vorremmo? Fin qui è la logica a indicarci la
strada, ma consideriamo la questione anche dal punto di vista
metafisico: sì, può darsi che la persona non corrisponda il nostro
amore, ma che dire dell'anima, la quale non può rimanere
indifferente al vero amore e certamente ne trarrà qualche
giovamento, perché niente come l'amore risana e guarisce, anche le
ferite invisibili.
Quindi,
il primo importante passo per liberarsi da un'ossessione karmica è
smettere di trasformare l'amore in una prigione di stereotipi per se
stessi e per gli altri. Vivere e lasciar vivere nel rispetto del
grande comandamento universale: ama il prossimo tuo come te stesso
(cui segue il corollario “ama i tuoi nemici e prega per i tuoi
persecutori” che se praticato con sincerità accende il fuoco in
grado di estinguere il karma all'istante).
Il
secondo passo è attingere alla forza dei quattro elementi della
natura e lasciar fluire le emozioni con l'Acqua, purificare i
pensieri con l'Aria, rinvigorire il corpo con la Terra e rigenerare
lo spirito con il Fuoco. L'ideale sarebbe recarsi in un luogo dove la
natura è forte e vitale, circondati dai quattro elementi: un corso
d'acqua, il vento, prati rocce e boschi, il sole... Ma possiamo anche
operare simbolicamente e richiamare la forza degli elementi
attraverso una ciotola di acqua di fonte, il fumo di un bastoncino di
incenso alla citronella, una pietra rinvenuta in un luogo
incontaminato e la fiamma di una candela. Cercando il silenzio e un
tranquillo rilassamento, creiamo il nostro momento sacro in comunione
con i quattro elementi e predisponiamoci all'ascolto. L'importante è
ristabilire il contatto consapevole con le forze elementali della
natura e lasciare che esse sblocchino, purifichino, rafforzino e
rigenerino tutte le nostre energie, lasciando finalmente spazio ad un
avvenire aperto e luminoso.
Mariavittoria
RISCOPRI
LA FORZA DEGLI ELEMENTI NATURALI
LA VIA SCIAMANICA DEI QUATTRO SACRI ELEMENTI
“Unitevi alle energie
della natura, cioè a dire ai Quattro Elementi, e percepirete quanta
energia scorre in voi.”
infatti i Greci lo
conoscevano, gli Egizi lo praticavano,
come pure i Persiani,
gli Aztechi, i Maya, i Tibetani...
Ora è stato abbandonato
soprattutto in Occidente.
Poiché in sanscrito il
termine Sole si traduce con “Surya”,
diamo a questo yoga il
nome di “Surya-yoga”.
Si tratta del mio yoga
preferito perché riunisce e racchiude in sé tutti gli altri.
Omraam Mikhael Aivanhov
Lo scopo principale dello
yoga (dalla radice sanscrita che significa “unire”) è realizzare
l'unione armonica tra macrocosmo e microcosmo, integrando e
coordinando i corpi che compongono l'essere umano affinché diventino
un perfetto veicolo di espressione dell'anima e di manifestazione
dello spirito. Con questo puro intento lo yogin pratica le asana,
recita mantra, potenzia la propria aura, medita e padroneggia la
forza del proprio corpo, trasmuta le energie inferiori, rende
servizio in modo disinteressato e si adopera per divenire impeccabile
nelle proprie creazioni astratte, verbali e materiali, proprio come
prescritto dalla disciplina che ha scelto. È quindi evidente che la
pratica yogica, in tutte le sue forme, è di grande beneficio per
agevolare lo sviluppo dell'essere umano, ma in questo il Surya-yoga,
di cui parla diffusamente il maestro Aivanhov, si dimostra superiore,
rivolgendosi ad una fonte evolutiva onnicomprensiva: il Sole.
La vita sulla Terra
proviene dal Sole, e questo è vero sia fisicamente che
spiritualmente. Il regno vegetale grazie alla propria abilità di
fotosintesi ha creato l'atmosfera, e così gli animali, che a
differenza delle piante non riescono a trarre nutrimento direttamente
dalla luce solare, ad ogni respiro ricavano l'energia vitale del sole
contenuta nell'aria e diffusa in ogni cosa (prana). Del Sole, sulla
Terra giunge anche l'informazione cosmica che costituisce il
nutrimento spirituale d'elezione, noto anche come oro eterico.
I numerosi benefici
psicofisici di una corretta e regolare esposizione alla luce solare
sono descritti dettagliatamente nella pratica della resilienza alimentare; a questa cospicua fonte di salute naturale possiamo
aggiungere il benessere spirituale del Surya-yoga, entrando in
comunione con il Sole e imparando a respirare insieme all'astro
nascente. È molto semplice:
Davanti al Sole che
sorge, siediti a terra nella posizione dell'eroe (seduti sui
talloni, con le ginocchia distanti la larghezza di un pugno) o a
gambe incrociate, tenendo la schiena ben diritta e le braccia
rilassate appoggiate sulle cosce o in grembo.
Chiudi gli occhi e
osserva per qualche minuto il tuo respiro che fluisce e ti rende
consapevole del legame tra cielo e terra che si rinnova attraverso
il tuo corpo. L'aria del cielo, carica di particelle solari, entra
nel tuo corpo, lo percorre tutto e si trasforma in nutrimento per le
tue cellule. Ad un certo punto, diventerai consapevole anche dei
raggi solari che ti accarezzano e penetrano dagli occhi (sempre
chiusi), dalla pelle nuda e dalla sommità della testa, illuminando
ogni fibra del tuo corpo e rendendolo sempre più vitale e
splendente.
Apri gli occhi e
inspirando alza le braccia sopra la testa con i palmi rivolti verso
il cielo e percepisci l'energia che scorre e fluisce liberamente.
Adesso sei una colonna di luce tra cielo e terra.
Espirando, abbassa
le braccia, posa le mani sulle cosce con i palmi rivolti verso
l'alto e rimani in ascolto.
Ripeti la sequenza
da 2 a 4 per 7-9 volte, rimanendo nella consapevolezza del Sole, poi
sorridi e ringrazia, un nuovo giorno è cominciato.
Personalmente, consiglio
vivamente di unire alle pratiche del Surya-yoga lo stiramento dei
meridiani o Makko-Ho, poiché, come insegna la medicina tradizionale
cinese, gli organi del nostro corpo, al pari di ogni altra cosa in
natura, seguono il ritmo del Sole e svolgendo dei semplici esercizi
mirati possiamo agevolarne il buon funzionamento e stimolare il
libero fluire dell'energia vitale.
La pratica del
Surya-yoga, che armonizza e rigenera tutti i corpi dell'essere umano,
allineandoli al piano evolutivo cosmico, offre massimi benefici in
riva al mare (dove ci si avvale del potere dell'asse elementale
Acqua-Aria-Fuoco per sbloccare e purificare emozioni e pensieri), e
su un'altura verdeggiante (dove l'asse Terra-Aria-Fuoco rafforza il
corpo fisico ed equilibra la mente), ma può essere svolta in
qualunque luogo all'aria aperta dal quale si possa osservare il
sorgere del Sole con sufficiente tranquillità.
Quando il Sole si trova
in prossimità dell'orizzonte, la Terra e con essa ogni suo abitante,
è più ricettiva al prezioso oro eterico che esso emana. Per questo
l'alba e il tramonto sono momenti magici e sacri, in cui camminare e
praticare meditazioni e yoga per rigenerarsi profondamente e
comprendere i misteri dell'universo. Un quarto di secolo di pratica
costante e continuativa di Surya-yoga trasforma un uomo comune in un
iniziato e, dopo quarant'anni di pratica assidua, in un vero e
proprio illuminato, tale è la potenza e la grazia che ci dona il
maestro solare, fulgido e silenzioso. E questa è una lezione che
dovremmo sempre tenere presente: bellezza e verità si nascondono
nelle cose semplici, proprio davanti ai nostri occhi.
Mariavittoria
SCOPRI L'EFFICACIA PRATICA
DELLA MEDICINA TRADIZIONALE CINESE
L'OROLOGIO DEGLI ORGANI
Vivi al ritmo della
medicina tradizionale cinese
“Siamo noi stessi i
principali responsabili della nostra salute e della nostra felicità.
Solo riallineando la nostra vita quotidiana ai nostri naturali
bisogni e vivendo in maniera consapevole e in armonia con il nostro
orologio interno, potremo recuperare il bioritmo naturale, uno dei
principali presupposti per un'esistenza all'insegna del benessere,
della salute e soprattutto della felicità.”
Forse l’etica è una scienza scomparsa dal mondo intero.
Non fa niente, dovremo inventarla un’altra volta.
Jorge Louis Borges
Avrai già sentito dire l'espressione “Sii sportivo”, che di solito intende
esprimere un'esortazione ad essere più corretti, leali, equanimi e
quindi a saper prendere di buon grado tanto una vittoria quanto una
sconfitta. Infatti, onestà, rispetto ed equilibrio psichico sono i
valori autentici dello sport, cui si aggiungono la forza e la
padronanza del corpo fisico e un'efficace gestione dello stress
mentale, ed è per questo che lo sport è considerato da millenni una
pratica di sviluppo psicofisico salutare, non solo in generale, ma
anche nelle scuole iniziatiche, in cui è sempre prevista una qualche
forma di attività fisica, volta a rafforzare la capacità dello
spirito di temprare il corpo e trasformarlo in un potente strumento
di conoscenza, crescita ed espressione di sé.
Il movimento è di vitale
importanza per la salute e l'equilibrio dell'essere umano e se
vogliamo diventare sempre più resilienti, ovvero capaci di
affrontare il cambiamento evolvendoci con gioia, lo sport dovrebbe
essere una palestra per l'anima, non solo un'occasione di sfogo per
il corpo, e dovrebbe allenare tutti i muscoli, cervello incluso,
esercitando il buon funzionamento dell'intero apparato psicofisico.
Il campo da gioco (onesta sublimazione del campo di battaglia)
dovrebbe essere un terreno di confronto costruttivo con se stessi e
con l'avversario, il quale in effetti è il nostro più prezioso
alleato, perché ci consente di misurarci con le nostre capacità,
specialmente nella gestione della manifestazione sul piano fisico
della nostra forza interiore, da cui dipende non solo l'efficacia del
gesto atletico ma in generale il tipo di atteggiamento e di
comportamento tenuto in campo.
Una condotta sportiva e
il gioco corretto (il cosiddetto fair play) sono di fatto
occasioni per l'anima di esercitare le proprie doti in un ambito
circoscritto (il campo, la palestra, la pista...) in cui però
vengono riprodotte le stesse circostanze che dovrà affrontare in
generale nelle sfide della vita, dando prova di sé e del fatto,
inconfutabile a livello esoterico, che la vera forza è sempre
interiore.
Gli antichi conoscevano
il legame occulto tra prestazione sportiva e vita sociale, e tenevano
in grande considerazione gli atleti, tanto per la loro abilità
fisica esemplare quanto per la loro condotta irreprensibile. Essi
sapevano che entrambi questi aspetti sarebbero stati inevitabilmente
presi a modello dagli altri cittadini.
I giochi olimpici
dell'Antica Grecia, l'avvenimento sportivo più noto dell'antichità
classica, erano così importanti che venivano utilizzati come
riferimento cronologico (un'olimpiade, tra l'altro, era il periodo di
quattro anni che intercorreva tra due edizioni successive dei giochi)
e durante il loro svolgimento si sospendevano guerre e conflitti. A
dimostrazione del fatto che esprimere con onore e audacia i propri
talenti consente di riscattarsi indipendentemente dalla propria
condizione di partenza, anche le più rigide convenzioni sociali
venivano accantonate in favore del riconoscimento delle doti
sportive, per cui tra gli acclamati vincitori olimpici compaiono
svantaggiati ed emarginati come schiavi e perfino alcune donne.
Una di queste donne la
cui storia è giunta fino ad oggi è Cinisca, principessa di Sparta,
che in qualità di organizzatrice e preparatrice dei cavalli vinse la
più prestigiosa corsa dei carri, il tethrippon, per ben due
volte e le vennero dedicate due statue olimpiche, e un tempio in suo
onore in patria in cui veniva venerata come eroina. Ecco cosa questa
audace e ambiziosa antesignana di tutte le atlete fece scrivere sotto
una delle sue statue, erette nel tempio di Zeus a Olimpia:
[I
re] di Sparta sono [mio]padre e i [miei] fratelli;
con
un [carro di cavalli dai piedi veloci]
Cinisca,
vittoriosa ha eretto questa statua.
Io
dichiaro di essere l'unica donna in tutta la Grecia
ad
aver vinto questa corona.
Il
premio per la vittoria dei giochi olimpici, infatti, consisteva nel
diritto di immagine, ovvero in una statua che veniva eretta nel
tempio del Padre degli déi e che letteralmente consegnava l'atleta
vittorioso alla gloria dell'Olimpo. Non erano previsti premi in
denaro, anche se gli atleti potevano essere ingaggiati da un
organizzatore (come fece Cinisca con l'auriga del suo carro), mentre
chi veniva colto a truccare le competizioni o a trasgredirne le
regole era sanzionato e una targa con il suo nome e la descrizione
del suo reato veniva esposta in una sorta di viale del pubblico
biasimo. Il messaggio per tutti i partecipanti era chiaro: prima
aspira alla gloria immortale, e quando te la sarai guadagnata, fama e
ricchezza seguiranno, ma se ti comporti in modo disonesto tutto il
mondo lo saprà e insieme all'onore avrai perduto la reputazione.
Del
resto, lo sport non dovrebbe insegnarci proprio questo? Vincere i
nostri limiti, qualunque forma assumano, e imparare a esprimere la
divinità nella materia. La forza e la bellezza di un gesto atletico
suscitano genuina ammirazione proprio perché diventano un segno
tangibile delle meravigliose potenzialità realizzabili da un'anima
incarnata.
Ovviamente,
a livello agonistico le conseguenze di come si affronta la sfida
sportiva con se stessi e con gli altri vengono amplificate, anche per
via dell'attenzione mediatica rivolta da sempre agli atleti, esposti
continuamente al rischio di passare dal podio al dimenticatoio o,
cosa assai peggiore, di vedersi trasformare in personaggi da
rotocalco. Il comportamento più o meno valoroso e onorevole degli
sportivi contemporanei è sotto gli occhi di tutti: esso riflette e
talvolta esaspera le caratteristiche salienti dell'ambiente in cui
operano, e chiunque sia dotato di un minimo di discernimento può
trarre a riguardo le proprie conclusioni, per cui non spenderò
parole per commentare il livello, ormai infimo, di gran parte delle
competizioni sportive che vengono trasmesse in televisione. Siccome
però questo spettacolo indecoroso e disonorevole per il genere umano
viene replicato sempre più spesso anche a livello dilettantistico,
vorrei concludere invitandoti a riflettere su un tema cruciale e che
non a caso dà il titolo a questo articolo: il rapporto tra salute e
movimento. Come ho già avuto modo di accennare e di approfondire con
esercizi specifici, descritti nella pratica dellaresilienza alimentare, l'essere umano, come tutti i viventi, è fatto
per muoversi e una vita attiva costituisce la miglior prevenzione e
cura di innumerevoli disturbi della modernità, ma i suoi benefici
dipendono il larga misura dal grado di consapevolezza con cui
pratichiamo.
Qualsiasi
attività fisica, dallo sport alle pulizie di casa, comporta il
movimento di energia, questo significa non solo che contribuisce a
tonificare il corpo fisico, ma che rimette in circolo e spesso
amplifica le nostre emozioni, le quali al pari dei grassi, vengono
smobilitati in modo che l'apparato psicofisico possa disporne meglio.
Va da sé che la gestione ottimale delle energie mobilitate durante
l'attività motoria è possibile solo se siamo consapevoli di cosa
sta avvenendo nel nostro corpo e intenzionati a rimanere presenti ad
ogni reazione psicofisica in corso, altrimenti finirà che ad
esempio, andremo a correre, a piedi o in bicicletta, per “smaltire
lo stress della giornata in ufficio” solo per incontrare altre
persone stressate (nient'altro che specchi della nostra condizione) e
scaricare su di loro l'eccesso di emozioni represse che i
neurotrasmettitori, attivati dall'esercizio fisico (in particolare
l'adrenalina), fanno emergere prepotentemente in noi. É evidente che
il genere di sport o attività fisica “da sfogo meccanico”
innesca solo circoli viziosi di sostanze dopanti, prodotte
naturalmente dal corpo e in cui lo sportivo rischia di rimanere
intrappolato, senza alcun beneficio durevole per la propria salute,
probabilmente con l'unico risultato di aggiungere qualche altro
elemento di disturbo nel proprio ambiente già sovraccarico di
interferenze e squilibri. La soluzione è sempre la stessa: presenza
e osservazione dei propri processi interiori e di quanto avviene
all'esterno. Solo quando si acquisisce la capacità di osservarsi,
quindi di essere consapevoli di ciò che sta veramente succedendo, è
possibile scegliere e smettere di reagire come bestie dissennate. E
non è mai troppo tardi per iniziare.
Se
stai praticando sport o hai intenzione di cominciare, poniti alcune
domande risveglianti:
Come mi sento prima di praticare? E dopo?
Quali emozioni sperimento? Riesco a gestirle o tendo a scaricarle
sugli altri?
Che genere di persone incontro e cosa mi piace o mi infastidisce di
loro?
Quali sono le caratteristiche principali dell'ambiente in cui
pratico?
Quali valori mi trasmettono i compagni di squadra?
Ammiro l'allenatore/istruttore? Lo ritengo un modello di
comportamento esemplare?
Quali risultati voglio ottenere da questa pratica?
Quali risultati ottengo effettivamente dopo aver praticato?
L'attività
fisica, sport incluso, è un aspetto importante della nostra vita,
che ci aiuta a rimanere in forma e soprattutto presiede al movimento
delle emozioni dentro e fuori dal corpo, e non dovrebbe essere
lasciato al caso, né relegato tra i passatempi occasionali. Gli
esercizi che pratichiamo, e soprattutto l'atteggiamento e il modo con
cui li svolgiamo, rispecchiano lo stato attuale della nostra energia
e idealmente dovrebbero aiutarci a crescere a livello sia psicofisico
che spirituale. Esercitandoti in consapevolezza puoi far emergere la
parte migliore di te anche quando ti alleni o gareggi e questo
inevitabilmente avrà delle ripercussioni positive sulla tua vita in
generale.
Mariavittoria
PREPARA
CORPO E MENTE A VINCERE LO STRESS
MANUALE
DI AUTOMASSAGGIO
Ritrovare
salute e vitalità con le antiche tecniche cinesi
“Conosci
sicuramente le strategie antistress: praticare esercizi di
rilassamento, fare sport regolarmente, avere un'alimentazione
equilibrata, guardare in modo relativo e positivo agli eventi della
tua vita, avere un passatempo o un hobby... Quando pratichi le
tecniche esposte in questo libro riunisci diverse strategie:
trascorri un momento con te stesso nella calma e nella tranquillità,
sviluppi emozioni positive e fai circolare l'energia nel tuo corpo.
Tutte le tensioni, tutte le ansie sono messe da parte per coltivare
il meglio di te stesso.”
Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.
Lucio Anneo Seneca
Nel precedente post abbiamo analizzato le chiavi per raggiungere la felicità. Oggi prendiamo in considerazione un metodo semplice ed efficace per individuare e quindi realizzare gli obiettivi della nostra vita.
Innanzitutto, bisogna che ci mettiamo bene in mente che questo tema non va affrontato alla leggera, ma semmai con leggerezza. Occorre evitare di dare per scontato che la determinazione degli obiettivi non sia nient’altro che esplicitare i nostri desideri, magari elencando la prima cosa che ci passa per la mente. Al contrario, con questo atto volontario e consapevole, stiamo ponendo le basi per stabilire che cosa vogliamo veramente fare, e quindi che cosa esprimere del nostro essere in questa vita; si tratta di un’opera di importanza basilare, che richiede impegno, attenzione e dedizione, specialmente da parte di coloro che intendono evolvere consapevolmente.
Bisogna che ci muniamo di pazienza, perché occorre investire del tempo e delle energie per discernere che cosa sia veramente meglio per noi e, al contempo, munirsi di entusiasmo, perché quello che stiamo facendo è un vero e proprio atto metafisico di creazione.
Cerchiamo di sistemarci comodamente in un luogo piacevole (una panchina al parco, la nostra camera immersa nella penombra alla luce di una candela, sul balcone o in giardino purificati dai raggi del sole e da una brezza leggera…), in cui nel tempo torneremo ogni volta per svolgere la nostra opera creatrice, dando alla nostra attività un ritmo, se possibile, costante. Nell’effettuare queste scelte non ci sono costrizioni, soltanto la gioiosa consapevolezza di stare consacrando una parte del tempo alla creazione consapevole di qualcosa di unico e fondamentale per il nostro mondo.
Quando siamo immersi in questa atmosfera piacevole e rilassata, cerchiamo di fare un po’ di vuoto all’interno di noi stessi, una sorta di purificazione, soprattutto dagli influssi del bombardamento di informazioni, input e condizionamenti che costantemente subiamo. Per farlo, possiamo seguire una tecnica specifica di respirazione consapevole (ad esempio la respirazione ha o quella piko piko, spiegate e consigliate dalla resilienza alimentare), oppure semplicemente seguire per qualche minuto il flusso naturale del nostro respiro, fino a liberarci da ogni tensione corporea o pensiero importuno.
Una volta rilassati, possiamo concentrarci serenamente sul compito che ci siamo prefissati. Il primo passo fondamentale da compiere è discriminare fra ciò che ci appartiene e quello che invece ci arriva come riflesso dell’ambiente che ci circonda. Occorre cioè distinguere fra gli obiettivi che ci derivano da influenze esterne (pubblicità, istituzioni, relazioni personali, ecc.) e le aspirazioni che invece è il nostro io autentico, meglio ancora l’anima stessa, a suggerirci. Questa netta separazione può apparire banale, ma non lo è, anzi è un passo cruciale e una riflessione essenziale da compiere per emanciparsi dalle pressioni condizionanti, che altrimenti continueranno a plasmare la nostra vita a livello inconscio. Per operare questa distinzione, innanzitutto svolgiamo l’esercizio sui desideri spiegato alla fine del post precedente, cercando di non tralasciare nessun ambito (per esserne sicuri, possiamo rispondere alle domande proposte considerando ogni settore della nostra vita, ad esempio famiglia, lavoro, amici, interessi personali…), dopodiché stiliamo un elenco di tutte le attività in cui eccelliamo senza sforzo, tutto quello che spontaneamente ci viene bene. Questa lista includerà anche le qualità, i pregi, i talenti che riconosciamo essere nostri e costituirà una buona base di partenza per elaborare una direzione verso la quale muoverci.
Quando i nostri obiettivi piano piano affioreranno alla coscienza, non esaminiamo subito la loro fattibilità, anzi, questo non è affatto il nostro compito: a noi spetta di focalizzarci sull’obiettivo autentico, ovvero svelare le aspirazioni dell’anima, senza esaminare i metodi per arrivare a realizzarlo. Lasciamo che l’imponderabile, l’inammissibile e l’impossibile entrino dalla porta principale nella nostra vita e che il nostro mondo si prenda cura di come raggiungere le nostre mete.
Potrebbe non venirci in mente niente ed essere ancora totalmente ignari della direzione da imprimere alla nostra vita: niente paura, continuiamo con tranquillità la nostra ricerca, offrendo quotidianamente alla nostra anima il maggior numero di esperienze possibili, tra quelle che più ci ispirano o anche che ci appaiono praticabili, per quanto insolite (qui vale la risposta alla domanda cruciale Perché no?), onde lei possa, una volta riconosciuto quello che fa al caso suo, indicarcelo con sicurezza.
Un obiettivo comunque lo possiamo sempre portare avanti con sicuro beneficio: espandere il nostro benessere psicofisico e la nostra consapevolezza attraverso la pratica della resilienza alimentare e avvalersi attivamente di tutto ciò che rende degna di essere vissuta la nostra permanenza in questa dimensione.
Il lavoro di identificazione delle aspirazioni dell’anima procederà per stratificazione, aggiungendo, limando, perfezionando, rivedendo e, certo, anche sottraendo: è un movimento in divenire, in trasformazione, una forma pensiero nostra alleata che si può plasmare, preziosa e duttile come l’oro, rinfrescante e piena di vita come l’acqua, dinamica come l’aria e rigenerante per il fuoco dello spirito.
Investiamo dunque in noi stessi, dedichiamo del tempo a trovare quello che ci sta veramente a cuore e conduce all’autentica realizzazione: quale miglior viatico per una vita piena e gioiosa, in armonia con il nostro sé più profondo e con tutto ciò che ci circonda e che inevitabilmente ci fa da specchio.
Fabrizio
RITROVA LA VIA DELLA TUA AUTENTICA REALIZZAZIONE
IL PIACERE PRIMA DI TUTTO
Come liberarsi dalle catene e ritrovare il senso dell'Esistenza
"Quando senti sorgere in te il Piacere della Potenza, allora sii come un guerriero; quando hai la possibilità di guardare al Desiderio per orientarti, sii come un sacerdote; quando la Libertà ti chiederà di essere al posto tuo, lasciale quel posto con totale reverenza, come farebbe un danzatore, non hai nulla da perdere. Questa fluidità è Vita! Se rinunci a lei e diventi rigido, non sei più vivo, ti sei lasciato intrappolare."
Quando ho cominciato ad
amarmi davvero, mi sono reso conto che
il mio pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a
raccolta le energie del mio cuore,
l'intelletto è
diventato un compagno importante.
Oggi a questa unione do
il nome di saggezza del cuore.
Charles Chaplin
Che cosa è veramente la
felicità e soprattutto come si realizza? Mi sembra un argomento sul
quale valga la pena soffermarsi e riflettere attentamente. Iniziamo
considerando il contenuto di un celebre documento storico di
importanza fondamentale per le sorti dell'Occidente moderno, nel
quale si legge testualmente:
Noi
riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti
gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di
certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la
Libertà e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi
diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro
giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una
qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha
diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato
su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al
popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.
Parole
illuminanti e più che condivisibili contenute nella Dichiarazione di
Indipendenza degli Stati Uniti d'America (1776), grazie alle quali
ancora oggi molti sanno, almeno per sentito dire, che nel Paese a
stelle e strisce la ricerca della felicità è un diritto sancito
dall'atto fondativo della nazione. Pochi però sono a conoscenza del
fatto che questa idea originale, filantropicamente rivoluzionaria, si
deve a un italiano.
Infatti,
Benjamin Franklin non era convinto della prima stesura del passo
sopra citato, che dietro proposta di John Locke dichiarava il diritto
dell’uomo alla “proprietà”, e si rivolse al confratello
partenopeo Gaetano Filangeri, il quale suggerì di sostituire quel
termine così circoscritto alla ricchezza terrena con la parola
“felicità”, che si prestava a interpretazioni di più ampie
vedute e probabilmente di minor potenziale sovversivo, almeno nel
breve periodo. Fu così che, grazie all’originalità napoletana e
al pragmatismo americano, la massoneria oltreoceano risolse di
trasformare quello che doveva essere una semplice dichiarazione di
diritti materiali in una rivendicazione dal sapore idealista e
decisamente avveniristico, in cui gli inalienabili diritti alla vita
e alla libertà andavano a braccetto con l’altrettanto
irrinunciabile diritto alla ricerca della felicità, senza
particolari limitazioni all’interpretazione di quest’ultimo
concetto innovativo.
In
seguito, ci pensò il capitalismo, e ancor più la pubblicità a
rinsaldare il valore dell’equazione tra ricchezza e felicità,
attraverso l’induzione delle masse al consumismo più sfrenato in
nome della ricerca e ostentazione di un benessere economico che
surrettiziamente veniva presentato come sinonimo di benessere
individuale e collettivo. Questo genere di condizionamento è
talmente radicato da continuare ad agire ancora oggi, pressoché
indisturbato, a livello globale, catapultando l’individuo in un
baratro esistenziale di cui la crisi mondiale non può che riflettere
i tratti più sinistri.
Sia
chiaro: il benessere economico (inteso come la capacità di
provvedere alle proprie esigenze materiali in modo adeguato e
ottimale) è una conquista importante, dal momento che il
soddisfacimento dei bisogni primari (nutrimento, riparo dalle
intemperie, vestiario, ecc...) è una necessità imprescindibile ai
fini di un’esistenza umana decente e dignitosa sulla Terra. Come
ogni risorsa materiale, anche il denaro è un mezzo, uno strumento, e
non la meta o l'obiettivo della propria realizzazione (su questo
argomento ti consiglio di leggere il post Il denaro nel percorso spirituale,
di Salvatore Brizzi).
Il
punto essenziale però, riguardo alla felicità e al suo rapporto con
la ricchezza, è un altro: una volta affrancati dalla mera
sopravvivenza, ci si ritrova ad avere un certo potere d’acquisto
che in genere determina l’appartenenza ad un gruppo o ceto sociale,
anche se ad un livello molto superficiale, altrimenti se denaro e
potere fossero veramente direttamente proporzionali gli uomini più
influenti al mondo sarebbero automaticamente e in modo esclusivo
quelli più ricchi, mentre non è sempre così, dal momento che ci
sono altri tipi di potere all’opera nel mondo, come quello delle
idee ad esempio di scienziati, ma anche di filosofi, artisti e
letterati, e quello dell’autorevolezza dei grandi leader
carismatici, che a fronte di risorse economiche piuttosto comuni
riescono comunque a determinare il corso della storia. Vero è che
come simile attrae il proprio simile, anche un tipo di potere tende
ad attrarne altri, ma è importante non confonderli in modo
arbitrario, altrimenti rischiamo di considerare il Dalai Lama e Papa
Francesco alla stregua di Trump e Putin, giusto per citare delle
celebrità la cui influenza nell’evoluzione umana, evidentemente
non può essere identica né di pari valore.
L’occidentale
medio tende a disperdere se non proprio a dissipare insensatamente il
proprio potere d’acquisto, ma dopo qualche anno o decennio o vita
di consumismo irresponsabile, in modo più o meno improvviso e
violento si rende conto che avere
di più
non significa necessariamente essere
più felici.
E la risposta alla sua implicita domanda è proprio in questa
osservazione (di per sé un’importante presa di coscienza): la
felicità non è qualcosa da avere, ma da provare (essere).
Sì,
ci sono esseri umani felici in ogni parte del mondo, nelle condizioni
materiali e ambientali più disparate: dalla giungla amazzonica ai
deserti africani, fino ai borghi europei e alle metropoli asiatiche.
O sei felice o non lo sei, e se lo sei lo senti e lo riconosci negli
altri, ma non dipende da quello che hai, però, in un certo senso è
strettamente legato a quello che fai, perché provi
felicità
nella misura in cui quello
che sei corrisponde a quello che fai.
La
felicità è una delle quattro emozioni positive (le altre sono
gioia, gratitudine e meraviglia) che nutrono l’anima e il corpo,
essa illumina gli occhi e canta nei cuori di chi sta realizzando il
proprio progetto di vita. Per questo è fondamentale agire, non tanto
“alla ricerca della felicità” quanto in corrispondenza di ciò
che ci rende felici, che non riguarda mai dei possedimenti materiali
(oggetti, proprietà…) ma nemmeno delle persone. Se osservi bene,
infatti, ti accorgi che quello che ti rende felice in realtà non è
qualcosa o una certa persona, ma come ti fa sentire, per questo
abbiamo bisogno delle persone che amiamo mentre, se per un
cortocircuito dei sentimenti avviene il contrario (e ci ritroviamo ad
amare le persone di cui abbiamo bisogno), la relazione diventa una
dipendenza o codipendenza che rischia presto o tardi di naufragare
tragicamente. Le persone che frequentiamo, e quello che facciamo,
quindi non ci rendono felici, ma finiscono con il restituirci
l’immagine del nostro grado di felicità. Questa, al giorno d’oggi
spesso non è una scoperta molto rassicurante, ma riveste
un’importanza vitale (a meno che, ovviamente, tu non preferisca una
bugia confortante a una verità risvegliante) perché ci restituisce
il potere della consapevolezza che alimenta il cambiamento.
Ed
eccoci al punto essenziale di questo discorso: imparare a distinguere
tra desideri e aspirazioni, laddove un desiderio è qualcosa che
manca soprattutto alla tua personalità, mentre l’aspirazione è
qualcosa che vuoi vivere (perché non hai ancora provato ad essere)
dal profondo dell’anima.
È
questo il segreto della felicità? Non proprio, discernere
accuratamente tra desiderio e aspirazione è il principio, in senso
letterale, della felicità, il segreto sta nello scoprire le
aspirazioni autentiche della nostra anima, attivarci per realizzarle
e lasciare che i desideri della personalità si avverino da soli.
Pare che Gesù Cristo lo spiegasse esortando a cercare prima di ogni
altra cosa “il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte le altre
cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33)
A
questo punto diventa chiaro il significato metafisico di tutti gli
esercizi per realizzare i desideri: non è tanto per ottenere
qualcosa che se ci appartiene si realizzerà comunque, ma per
conoscere meglio le nostre aspirazioni.
Infatti,
realizzando un desiderio non sarai più felice di quanto sei ora, non
a lungo, e poco dopo ti accorgerai di desiderare qualcos’altro
perché per la personalità è del tutto naturale tendere a volere e
avere di più (accumulare); se invece vivi in conformità alle tue
aspirazioni, la felicità fluisce dentro e fuori di te senza limiti
fisici.
Fai
un elenco sincero dei tuoi desideri e chiediti:
Perché
voglio che questo desiderio si realizzi?
Che
cosa mi manca veramente?
Che
cosa penso che cambierà quando avrò ottenuto quello che mi manca?
Come
mi sentirò esattamente?
Che
cosa posso fare per sentirmi in quel modo già adesso?
Probabilmente
la risposta più rivelatrice sarà quella all’ultima di queste
domande, perché immancabilmente almeno metà di quello che vuoi
sentire puoi provarlo anche subito: la tua vita non è così diversa
da quella che pensi di voler vivere, almeno non nelle cose che
dipendono veramente da te, e tutto sommato esse sono una parte
considerevole dell’esistenza, per cui hai non solo il diritto di
cercare la felicità, ma soprattutto il dovere di sceglierla, giorno
dopo giorno, e questo è un segreto che nel Nuovo Millennio apre
porte senza precedenti.
Mariavittoria
IL
SEGRETO DEL CUORE
“Lo
spazio interiore è quel luogo dentro di te destinato ad accogliere
ciò che desideri. Ogni volta che ti permetti di sentirlo, attivi il
tuo magnete facendogli attrarre con maggiore intensità l’oggetto
dei tuoi desideri.”