lunedì 25 novembre 2013

Essere re


La macchina non può sopportare di vedersi come un asino
né di essere reputata tale dagli altri,
ma il vero Essere non sente umiliazioni.
E.J. Gold


Oggi voglio introdurre uno degli ostacoli più sottovalutati nel fare chiarezza: la vanità, vale a dire quel concentrato di pretenzioso egocentrismo che si rivela nel peggior tipo di inerzia, in grado di confondere le idee perfino sulle verità basilari come l’amore. 
Sia chiaro: saper amare se stessi è un’esperienza fondante, tuttavia l’amore vero non è mai amor proprio, è incondizionato e come tale non ha padroni e al contempo serve tutto e tutti. Un Essere identificato con l’apparato psicofisico che lo ospita è ignaro delle proprie risorse, della forza d’amore cui può fare appello, e tende a difendere le compiaciute illusioni e gli automatismi della macchina biologica con una serie di giustificazioni inessenziali e futili.
Questa è vanità, il bisogno inessenziale di apparire. 


Consideriamo il proverbiale cavallo zoppo che si dice re nel paese degli asini. Sia detto per inciso che l’intero regno animale, dall’umile lombrico all’altera aquila, ci offre degli spunti notevoli per imparare a vedere la realtà, tuttavia per il momento ci interessa solo l’allegoria rappresentata in questo detto popolare da due equini in verità ugualmente validi e degni. Dal punto di vista esistenziale il nostro vanesio quadrupede si trova poco al di sopra, se non leggermente al di sotto, del più lento tra i cavalli da corsa, ma è facile intuire che quest’ultimo, perennemente a contatto con i suoi limiti e con l’esempio virtuoso dei coetanei, avrà maggiori stimoli per evolvere e in definitiva l’occasione di ottenere risultati più durevoli, a patto di non lasciarsi limitare dalle apparenze. 


Invero è necessario vigilare per non cadere nella smania vanesia di dar mostra di sé: i palchi e i piedistalli sono adatti alle statue o a chi ne accetta la sostanziale insignificanza: spiccare di per sé non è gran cosa, e anzi potrebbe solo consolidare l’identificazione con una personalità per sua natura perennemente insoddisfatta e insoddisfacente rispetto alla missione dell’Essere. Allo stesso modo riflettiamo prima di esprimere un giudizio, anche solo interiore: nel tentativo di affermare come vogliamo apparire potremmo perdere di vista chi potremmo davvero essere. 
La lode e il biasimo, altrui o interiori, non ci sono veramente d’aiuto, anzi, spesso consolidano schemi e atteggiamenti della personalità, distogliendoci da noi stessi. Per lavorare su di sé è opportuno imparare a mettersi seriamente in discussione, ogni dolore o attacco percepito sarà solo un segnale di identificazione con qualcosa di diverso dall’Essere radioso e imperturbabile; ma è una fase normale nel processo di liberazione, poiché tutto ciò che riveste l’essenza è perfettibile e transitorio. 


Infine, va detto che vi è un lato oscuro della vanità altrettanto deleterio del suo aspetto eclatante, retaggio della lunga storia di un’umanità divisa tra servi e padroni: il desiderio di potere. Forse credi di esserne immune, ma nessun essere umano in cammino lo è: chi preferisce davvero obbedire al dare ordini? Anche il più servile tra gli individui se osservato attentamente rivelerà nella sua routine degli aspetti autoritari: in un modo o nell’altro siamo tutti degli inconsapevoli tiranni che vanno educati al carisma del comando. In realtà governare rettamente significa anzitutto avere un buon governo di sé, come dare ordini è una diretta conseguenza del saper fare ordine. Ciò rende autorevoli, padroni consapevoli di se stessi e del proprio dominio, salvando dall’antico dolore che portò Satana a dichiarare «preferisco regnare all’inferno che servire in paradiso». Ciascuno per nascita ha il diritto di essere re del proprio regno, occorre dunque stabilire con saggezza e lungimiranza quale corona si intende portare.

Mariavittoria 


Leggi e condividi liberamente il mio e-book gratuito








venerdì 15 novembre 2013

Intervista Salvatore Brizzi


Il mondo è dentro di te
e tutto ti è possibile.
Il libro di Draco Daatson


Questo flash post è dedicato a te, che pratichi e sai cosa significa Risveglio.



Hai una domanda da rivolgere a 

Scrivila in un commento a questo flash post. 


Hai tempo fino a giovedì 21 novembre 2013 per farci pervenire la tua domanda. 

Raccoglieremo le più utili e potrai trovare le risposte dell'autore proprio qui, tra le pagine di Perleneltempo.

Non perdere questa occasione, il tuo contributo alla conoscenza è importante, condividilo con noi!

RISVEGLIA LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA




lunedì 11 novembre 2013

Il male minore


Un po’ di male “confessato”
dispensa dal riconoscere
molto male nascosto.

Roland Barthes 

Comincio dalla frase in epigrafe, quasi certo che mi condurrà in qualche luogo semi oscuro dell’essere. Per prima cosa, tengo a precisare che la parola male qui sarà intesa come sinonimo di errore. L’osservazione di Barthes trae origine da un meccanismo subdolo che talvolta si insinua anche nelle migliori intenzioni: utilizzare la verità per un secondo fine, strumentalizzandola, adoperandola cioè per dissimulare più che per far emergere la realtà oltre le apparenze.



Tutti sembrano apprezzare lo sforzo di venire a capo delle proprie debolezze, ma questo apparente mettersi in discussione non ha alcun valore quando rappresenta solo una critica momentanea nei confronti di un ego ben saldo sulle sue posizioni ataviche e inflessibili. Non basta un’occhiata fugace al “male minore”, poiché non appena distolto lo sguardo l’immagine che vogliamo dare di noi tornerà a reggere le fila dei nostri schemi comportamentali, alimentando la logorante logica di azione e reazione in un ciclo senza via d’uscita.

Questo stratagemma poco salutare funziona sia in termini quantitativi, come nell’esempio citato, in cui riconoscere una dose omeopatica di male, quasi fosse un vaccino, di per sé agisce da schermo dietro al quale potersi parare per evitare di dover fare i conti con un male più grande, esteso e probabilmente radicato in profondità, sia in termini qualitativi, quando cioè si indirizza volutamente l’attenzione in una certa direzione con l’intento pertinace di distoglierla da qualcosa di più importante.

Agitare uno spauracchio dietro al quale nascondersi, ecco il male, e avviene con una certa frequenza a tutti i livelli:

Sicuramente nella società (ancora questa parola astratta ed effimera, ma che sotto molteplici mentite spoglie detiene l’incommensurabile potere di addormentare le coscienze) che fornisce divagazioni e distrazioni in abbondanza, al fine di sottrarre preziose energie all’individuo. Ogni società spinge i suoi membri ad avere per essere, e quindi a non essere mai abbastanza se stessi.

Sicuramente in ciascuno di noi, abilissimo a creare alibi, a cercare giustificazioni, ad escogitare modi per placare la voce della coscienza. La mente, in questo contesto, opera al massimo livello di sofisticazione: riesce ad imbrigliarci con la sua abilità dialettica, facendoci credere di averci aiutato a trovare il bandolo della matassa, mentre in realtà preme per rimandare il nostro sviluppo cosciente, un’evoluzione scomoda e ignota, al fine di mantenere indiscusso il suo predominio. La mente: uno strumento potentissimo, ma quanti in tutta onestà possono affermare di saperne disporre a piacimento. 

Quanto, ad esempio, utilizziamo il nostro pensiero e non il contrario?
L’alternativa a questa impasse è l’apertura del cuore, uno slancio vitale che ci consenta di superare la paura della paura, per guardare senza timore dentro di noi. A quel punto occultare non servirà più a nulla, non ci saranno luoghi in cui nascondersi ed il nostro occhio interiore potrà smettere di tergiversare per dirigersi davvero al centro dell’essere.
Ammettere qualche piccolezza nella speranza che nessuno si accorga della voragine che abbiamo dentro è un’indulgenza che intrappola nell’oscurità. 
Piuttosto raccogliamo le energie disperse in rivoli di autocompiacimento e velleitario tergiversare per indirizzarle laddove vogliamo illuminare il nostro essere. E lì il potere dell’osservazione amorevole scioglierà tutte le insicurezze, i blocchi, le resistenze, rendendo inoffensivo ogni male.
Fabrizio 


Leggi e condividi liberamente il mio e-book gratuito

lunedì 4 novembre 2013

Meditazione in 10 punti: interdipendenza e gratitudine

Non cercare di cambiare la tua vita,
cambia il tuo atteggiamento verso la vita.
Lama Gangchen Rimpoche


Oggi vorrei parlare di un argomento che viene spesso tralasciato e proporre una meditazione che stimoli lo sviluppo del senso di gratitudine.

Nell'ambito spirituale si stanno sempre più sviluppando approcci individualisti che esaltano il potere personale e la liberazione da ogni tipo di dipendenza nei confronti degli altri e del mondo. Insegnamenti che spingono a diventare padroni di se stessi e a sottomettere la realtà grazie a questo potere.

Sicuramente questo tipo di lavoro è molto utile, soprattutto per un certo tipo di persone, ed è molto valido per comprendere quanto sia importante imparare a generare le cause e le condizioni per poter vivere una vita più libera e per sentirsi meno incatenati agli obblighi che la società sembra imporci.

Accade però che, se non vengono compresi correttamente e supportati da una certa percentuale di cuore, questi esercizi e riflessioni possano portare a concentrare tutta l'attenzione su se stessi e a chiudersi, intrappolandosi in schemi mentali ripetitivi e fondamentalmente egoisti, dove ci si dimentica dell'universo e degli altri esseri a favore di un illusorio potenziamento di se stessi.

interdipendenza e gratitudine meditazione progetto vajra perle nel tempo

È vero, come si è parlato qui,  che è la nostra mente a dare un significato a tutto quello che vediamo ma, allo stesso tempo è altrettanto vero che facciamo parte di un sistema in cui tutto è interconnesso e in cui tutti dipendiamo da tutto e tutti.

Per dedicare qualche minuto a riflettere su questa interconnessione totale, suggerisco il seguente esercizio:

  1. Sedetevi con la schiena dritta ma non tesa, se siete comodi usate la posizione del loto, del mezzo loto o a gambe incrociate. In caso contrario va benissimo che vi sediate su una sedia, ma senza appoggiare la schiena.
  2. Rivolgete per qualche istante la vostra attenzione alla respirazione, se volete a questo punto potete utilizzare l'esercizio dei 21 respiri illustrato qui.
  3. Quando vi sentite più rilassati scegliete mentalmente un oggetto che faccia parte della vostra vita quotidiana e che vi sia utile per qualcosa: alimenti, utensili, elettrodomestici ecc..
    Io prenderò ad esempio un piatto di pasta al pomodoro, ma quando avrete capito l'esercizio potrete applicarlo a qualsiasi oggetto.
  4. Iniziate a scomporre il piatto di pasta al pomodoro nelle sue materie prime e pensate a tutte le cause e le condizioni che sono state necessarie affinchè il grano crescesse: il seme, e ancora prima la pianta che ha generato il seme, il sole, la terra, l'acqua, l'ossigeno, il tempo... Arriverete facilmente a intuire che le cause sono innumerevoli, risalendo al primo uomo che ha intuito la possibilità di mangiare un chicco di grano, alla posizione della Terra nel sistema solare, e al lavoro di tutta una schiera di insetti e microorganismi, fino a includere il macrocosmo e il microcosmo, dove tutto collabora per il vostro piatto di pasta.

    interdipendenza onde progetto vajra perle nel tempo
  5. Ora provate a immaginare quante persone hanno lavorato per far crescere il grano, per raccoglierlo e in seguito trasformarlo in farina e poi in pasta. Quante persone hanno collaborato alla creazione del pacchetto, alla sua distribuzione e infine alla sua disposizione sullo scaffale del supermercato affiché poteste acquistarla. Il fatto che voi la compriate con del denaro non sminuisce il lavoro di tutte queste persone, la loro vita e il loro sforzo non possono essere cancellati dal fatto che «stavano facendo solo il loro dovere».

  6. Ripetete lo stesso procedimento con gli altri ingredienti, il pomodoro, l'olio, il basilico, il sale, il formaggio...
  7. Una volta eseguito questo tipo di ricerca si creerà facilmente dentro di voi un senso di unione con l'ambiente, e la sicurezza che tutti noi viviamo in modo interdipendente e siamo indissolubilmente legati. Questo legame ci unisce, non solo agli altri esseri umani, ma ad ogni fenomeno ed essere di questo pianeta, e non solo.
  8. Sarà inoltre più facile generare un forte senso di gratitudine per tutte quelle persone e quegli esseri che incessantemente “lavorano per noi”, per rendere disponibile tutto quello che usiamo nella vita di tutti i giorni e per fare in modo che possiamo avere tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Essendo numerosissimi, quasi infiniti, e non potendo effettivamente identificarli, non possiamo fare altro che generare un forte senso di gratitudine per tutti gli esseri.


    ogni cosa è interdipendente progetto vajra perle nel tempo
  9. Ringraziate con le parole che vi sembrano più congeniali, cercando di mantenere stabile il senso di interdipendenza e di gratitudine che è sorto dentro di voi.
  10. Dirigete ancora per qualche istante l'attenzione sulla respirazione.

Concludete senza fretta la sessione di meditazione.


Ogni tanto, durante la giornata, oppure durante i pasti, potete velocemente riportare alla mente questa tecnica e applicarla all'oggetto che avete davanti. Questo vi aiuterà a render più stabile il vostro senso di interconnessione e di gratitudine.

Stefano


Potete trovare altri utili esercizi nel mio e-book gratuito