È
ovvio che le cose non sono male di per sé,
ma il mondo non può
darvi niente che abbia un valore durevole.
Può solo riflettere ciò
che voi date a voi stessi.
Il mago non vuole avere
di più,
vuole essere di più.
Frederick E. Dodson
Sono trascorsi dieci anni
dalla pubblicazione dei primi libri di Zeland e il Transurfing, o
creazione della realtà, ormai è un insegnamento arcinoto, di cui si
parla negli ambiti più disparati, dalla PNL alla Quarta Via, e
sempre più apertamente nei seminari e nelle conferenze, tanto che,
giusto per fare un esempio, uno degli ultimi post di Salvatore
Brizzi, Il mondo è la mia psicologia, sembra un distillato
introduttivo alla pratica del proiettore, la tecnica al cuore del
Transurfing. D'altra parte, alcuni passaggi chiave dell'insegnamento
di Zeland riguardano proprio la presenza e l'osservazione della
realtà:
Una volta che il punto
di vista (o in altre parole il punto di osservazione o di
attenzione), si sposta dallo schermo esterno al centro
dell'autocoscienza, iniziate a rendervi conto di cosa sta succedendo
intorno a voi e di quello che sta succedendo con voi stessi... Ma non
appena mi dimentico di me stesso e mi immergo nel film, finisco per
identificarmi immediatamente con esso, per diventarne una parte
integrante, per di più dipendente e non a sé stante. Del resto,
anche quando vi immergete nelle vostre riflessioni (emozioni) e
cessate di vedere quello che sta succedendo intorno a voi e quindi di
vedere anche voi stessi, cadete in un simile stato di “fuori di
sé”. Siete in voi solo quando vedete la realtà e vedete voi
stessi. Quando siete veramente in grado di intendere e di volere,
capite?
(Vadim Zeland, Il
Proiettore, Macro 2016, trad. it. di Vera Giovanna Bani)
Indubbiamente, la
creazione della realtà funziona, perché più che una tecnica è un
fatto costitutivo del mondo in cui ci sembra di essere totalmente
immersi, ma che in effetti contribuiamo incessantemente a plasmare.
Tuttavia, l'idea di creazione evoca la costruzione di qualcosa che
prima non esisteva, un concetto che certamente ha senso
nell'espressione “creazione dell'essere umano” (una storia lunga,
affascinante e ancora poco conosciuta) ma che può essere fuorviante
in rapporto alla realtà perché quest'ultima non viene creata, bensì esiste
già in potenza in quello che Zeland suggestivamente chiama “spazio
delle varianti”. Dunque, sintonizzandosi sistematicamente sulla
realtà prescelta non facciamo altro che manifestarla, esprimerla
nella materia e quindi più propriamente dovremmo parlare di
“realizzazione della realtà”, sia perché si tratta proprio di
concretizzare qui ed ora qualcosa che è già presente altrove,
trasformandolo nella nostra attualità, sia perché accorgersi di
poter gestire la realtà è probabilmente una delle più grandi
realizzazioni che si possano ottenere nel corso di una vita umana e
il primo passo verso la vera libertà. Naturalmente, dalla teoria
alla pratica della realizzazione della realtà c'è un abisso di
conoscenza ed esperienza che nessuna idea astratta, per quanto esatta
e brillante, potrà colmare. Attualmente, sono disponibili in
italiano ben due validi manuali, scritti da maestri contemporanei di
“creazione della realtà”, uno russo e uno americano, che
idealmente abbracciano tutto l'Occidente.
Il Proiettore di
Vadim Zeland, spiega nel dettaglio la pratica del Reality
Transurfing, demistificandola fino a ridurla ad una questione di
visualizzazione costante e sistematica, strutturata attraverso una
precisa serie di esercizi pratici, accessibili a chiunque sia dotato
di sufficiente motivazione e determinazione.
Anche Universi paralleli del Sé, da buon manuale pratico, contiene molti
esercizi, suddivisi per argomento all'interno di un discorso
scorrevole, preciso e ben articolato, che intrecciando teoria e
aneddotica tratta dall'esperienza ultradecennale dell'autore,
considera la maggior parte degli aspetti pratici da tenere
necessariamente in considerazione durante lo scivolamento nel
multiverso, in direzione della realtà prescelta.
Ora, ci troviamo a
settembre, il mese dei nuovi inizi, e quindi a tutti è consigliabile di provare ad applicare la “creazione della realtà”, che facciamo
comunque, inconsapevolmente, e i cui insegnamenti si trovano ovunque,
anche in film dall'apparenza tutt'altro che metafisica, come quello
che intendo analizzare a titolo di esempio di pratica e ostacoli alla
realizzazione della realtà.
Angel, la vita, il
romanzo è un film del 2007 diretto da F. Ozon, che si basa
liberamente sulla vita di Marie Corelli, autrice dei primi del
Novecento. L'atteggiamento iniziale di Angel, oltre ad essere
assolutamente inaudito per l'epoca in cui viveva, è emblematico del
genere di coraggio richiesto al transurfer che osa guardare
ostinatamente oltre le apparenze e scegliersi il proprio destino.
Angel infatti è certa di essere destinata a diventare ricca e
famosa, e non si limita a sognare ad occhi aperti, ma si comporta come se vivesse già
il suo sogno (noi diremmo che è spontaneamente sintonizzata con la
realtà prescelta, secondo l'antico adagio “per diventare, agisci
come se”) mentre tutti attorno a lei reagiscono con sdegno e
indignazione alle sue pretese, lamentosi ma surrettiziamente contenti
di sguazzare nella mediocrità in cui si ritrovano. La determinazione
intrinseca di Angel è tale che ben presto arriva l'occasione giusta
(la porta, direbbe Zeland) per mezzo di una persona abbastanza
audace da notare il suo straordinario talento immaginativo, un
editore, che nonostante la contrarietà generale, decide di
pubblicare un suo romanzo e ben presto la trasforma nella scrittrice
di maggior successo della sua epoca. Così Angel si ritrova ad essere
il personaggio ricco e famoso che aveva sempre saputo di voler
diventare. Fin qui la nostra eroina ha applicato spontaneamente tutte
le regole dello specchio della realtà, ma giunta sulla cresta
dell'onda della fortuna dimentica il segreto del vero successo:
qualunque cosa accada, rimani fedele a chi sei veramente, non
permettere a niente e a nessuno di cambiarti. In altre parole, è
l'autenticità, l'essere veri e sinceri con se stessi, la forza che
consente di rimanere nella corrente vitale fortunata e che orienta le
vele per navigare spediti in ogni condizione esterna. Angel,
naturalmente, lo ignora, anche se le viene fatto notare che il
segreto del suo successo potrebbe essere proprio la sua capacità di
comunicare con se stessa, e inizia a ingannarsi, cadendo sempre più
vittima della mediocrità altrui, dalla quale inizialmente era
riuscita a guardarsi con leggiadra noncuranza. Il dialogo con la
madre in punto di morte (dal minuto 40 del film) segna il passaggio
dal sogno alla messa in scena:
Fedele fino alla fine al
suo ruolo di meschina tentatrice, voce di un mondo ristretto e limitante, che trae forza dal
senso di indegnità e di inadeguatezza di chi lo popola, la madre
velatamente rinfaccia ciò che Angel non ha ancora realizzato, una
famiglia, e l'ingenua ragazza, che evidentemente era ancora attaccata
alla speranza di ricevere un riconoscimento, almeno finale, dei suoi
meriti, e non un rimprovero, comincia a cedere al ricatto emotivo,
inaugurando una serie di scelte sempre più avventate e infelici: dal
matrimonio con un pittore depresso, noto per riuscire a rovinare
tutto ciò che vede, comprese le giovani donne che incontra, fino
all'estraniarsi dal pubblico, specchio di se stessa, perdendo ogni
senso di quel mondo migliore che prima sapeva descrivere e
impersonare con genuino slancio vitale e che ora si trasforma in un
patetico tentativo di evasione dalla realtà di cui lei non è più
autrice ma vittima. Angel si riduce ad un fantasma, che ama follemente e senza
speranza e rimane indifferente all'amore sincero, e infine perisce prima della beffa
finale: alla sua scomparsa più nessuno si ricorda di lei, che era
interessata “solo al bello di ogni cosa”, mentre le opere cupe e
deprimenti del marito riscuotono un crescente successo. Se Angel
fosse rimasta fedele alla propria vocazione solare e al suo sogno di
splendere perpetuamente, senza cercare di farvi entrare a forza altri
o di compiacere i morti, forse il suo successo sarebbe stato meno
effimero e lei avrebbe conosciuto la felicità e la libertà senza
condizioni del vero transurfer.
Angel emblematicamente
rappresenta l'angelo che si lascia strappare le ali. Ovviamente,
hanno anche detto che questo film in realtà parla di una frivola
presuntuosa, vittima del proprio sentimentalismo, e ironicamente è
proprio così, perché questa esaltazione del sentimento romantico di
abnegazione tendente all'autodistruzione, occultamente divulgato da
una società ipocrita e conservatrice, è esattamente ciò che più
di ogni altra cosa irretisce le anime incarnate, donne in
particolare, inducendole ad amare chi non vuole essere amato, a
tentare di salvare chi si compiace di essersi perduto, o peggio, a
sperare in un destino migliore anziché adoperarsi per forgiarselo.
Eccoci dunque alla grande
domanda cui inevitabilmente la realizzazione della realtà mette di
fronte:
Posto che i limiti
esistono solo nella tua mente, quali imprese autosabotanti e miraggi
altrui inseguirai pur di non concederti fino in fondo il privilegio
di diventare chi sei veramente?
In definitiva, non è
tanto importante che, scrivendo (creando) la storia della tua vita,
qualcuno poi abbia voglia di leggerla, come vorrebbe una nota
pubblicità che fa appello al senso dell'avventura e ad una discreta
dose di esibizionismo innato in ciascuno di noi, ma che tu abbia
davvero voglia di viverla. E questo non è il punto cruciale del
Transurfing, è il punto cruciale dell'esistenza.
Mariavittoria
Slendida analisi fatta da chi vive su altri PIANI.
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