lunedì 9 settembre 2013

Controcorrente: Io e Noi nel flusso della vita



«Ci sono due pesci che nuotano,
a un certo punto incontrano un pesce anziano
che va nella direzione opposta,
fa loro un cenno di saluto e dice:
"Salve, ragazzi. Com'è l'acqua?"
I due pesci giovani nuotano un altro po',
poi uno guarda l'altro e replica:
"Che cavolo è l'acqua?"».
David Foster Wallace

Quanto è interessante questo aneddoto che David Foster Wallace scelse come introduzione per una sua conferenza davanti ai laureandi del Kenyon Collage.
Dapprima strappa un sorriso, uno di quelli con i quali, inconsciamente, si sottointende, con un vezzo di superiorità: “Ma guarda come sono ridicoli quei due giovani pesciolini”. E non ci curiamo di loro, passiamo ed andiamo avanti. Però non basta. Non basta fare finta di niente pensando che non ci riguardi. Perché tutto ciò che incontra la nostra attenzione ci dà delle informazioni di cui è saggio rendersi consapevoli.


Dunque c’è un pesce, anziano, probabilmente uno di quelli che hanno impiegato il loro tempo coscienziosamente, facendo fruttare i propri talenti e trasformandoli in una consapevolezza che illumina il percorso. Per fare questo ha imparato a nuotare controcorrente, prendendosi la briga di sfidare le leggi precostituite; ha posto domande e si è impegnato a scoprire le risposte; ha, necessariamente, sentito il bisogno di non adeguarsi al pensiero ed al comportamento degli altri, cercando, con le sue sole forze, la sua strada. La via è personale, infatti viaggia da solo, un Io che solca le onde, guizzando nell’oceano, un po’ appesantito dall’età. Eppure si muove con leggerezza in quell’elemento, l’acqua, che ha imparato a conoscere, a guardare, a sperimentare senza che l’automatismo o l’abitudine ne facciano un dato assolutamente trascurabile.

L’essere da soli ad affrontare il percorso non implica neppure per un istante l’immagine della solitudine; ha invece molta affinità con il concetto di libertà, la stessa che, come ricorda Wallace, “richiede attenzione, consapevolezza, disciplina, impegno”. Ed è vero: accodarsi al banco di pesci, seguirne la scia, uniformarsi alla massa è molto più comodo. Coltivare la libertà è invece un processo che implica una attenzione costante, la volontà di tessere una trama unica, senza precedenti e senza compromessi, forgiandola giorno per giorno. 
C’è un’altra considerazione che l’aneddoto ci suggerisce: riguarda la contrapposizione fra l’Io, il pesce anziano, e i Noi, gli altri due pesci. I Noi sono tutte le aggregazioni limitanti che pullulano nel nostro mondo: la società, le religioni organizzate, la famiglia, i partiti, per citarne solo le principali. Sono quelle che ci suggeriscono velatamente, o ci dicono esplicitamente, che cosa pensare e in che termini farlo. Ci chiedono di abdicare la nostra capacità di discernimento per abbracciare il loro punto di vista. Mirano a determinare i nostri obiettivi con il pretesto di sapere quello che è meglio per noi e come ottenerlo.

Dall’altra parte c’è l’Io, l’individuo che non demanda a nessuno quali scelte gli competono e infrange le consuetudini, “gli usi e costumi”, scava sotto la superficialità e l’apparenza per poter guardare con i propri occhi come stanno le cose. E poi c’è l’acqua, l’esistenza in cui siamo immersi, il mondo che noi stessi abbiamo creato, ma di cui il Noi non ha consapevolezza, consapevolezza che l’Io ha invece l’opportunità di sviluppare. La vera sfida è dunque abbandonare il Noi, il pensiero rassicurante che qualcuno abbia già fatto le nostre scoperte e ce le possa consegnare su un piatto d’argento, e accogliere l’Io che accetta la continua scoperta di sé, il cambiamento ed il divenire.
Fabrizio


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