C’è una luce e non svanisce mai.
Steven Patrick Morrissey
C’è una terra di nessuno che chiunque intraprenda il cammino spirituale si trova a dover affrontare.
È un luogo nel quale, pur se sostenuti dai più alti ideali, dai più elevati obiettivi, il terreno si mantiene viscido, viscoso e pieno di insidie. Si tratta del proverbiale mare che scorre “tra il dire e il fare”. Qui affondano i nostri sforzi, non sotto i colpi di epocali minacce o di pericolosi mostri, ma sotto il fuoco incrociato dell’inerzia e della pigrizia.
Perché questo accade? Non siamo forse fortemente motivati ed intenzionati a volgere i nostri passi verso la luce? Non abbiamo forse la fermezza necessaria a superare ogni ostacolo? Eppure troppo spesso, nonostante ottime premesse, all'intenzione di incamminarsi sulla retta via non segue nessuna azione effettiva. Diciamo di volerci perfezionare, magari siamo perfino convinti di volerlo, ma nei fatti nulla è cambiato. Il problema ha a che fare con la variazione di luce all’interno della nostra esistenza. Un momento siamo determinati, pieni di iniziativa e centrati, il momento successivo perdiamo il nostro slancio e sprofondiamo nell'inconsapevolezza. Il procedere verso la luce richiede energia e spesso le distrazioni della realtà materiale nella quale ci affaccendiamo e le fluttuazioni del pensiero assorbono la totalità dei nostri sforzi. Ecco che in queste crepe d'inerzia, allargate ad arte dalla nostra personalità, che tenta con tutti i mezzi di garantire l’esistenza e la prosperità dell’ego in una zona di comfort refrattaria a qualsiasi cambiamento, si insinua il rischio di abbandonare la ricerca della luce. Non dobbiamo quindi sorprenderci se scopriamo di indugiare verso la pigrizia e di indietreggiare verso stati vibrazionali più bassi. Dove non c'è dinamismo l’inerzia è in agguato e ci trascina nella sua pania con un processo lento, inesorabile e, per lo più, inconsapevole. La pigrizia, e il progressivo incedere verso l’inerzia, sono figli di un processo degenerativo “normalizzante” che ci depone in basso, come elettroni che hanno vibrato su orbitali energetici più elevati e che ora ritornano a disporsi su traiettorie più interne con un minor quantitativo intrinseco di energia.
Per prevenire questi spiacevoli inconvenienti il nostro obbiettivo consiste nel mantenere costante il livello di energia che possiamo utilmente impiegare nel Lavoro. Un tentativo estemporaneo e magari improvvisato di dirigersi verso la luce non è in grado di garantirci uno stabile e univoco flusso di energia per il Lavoro. L’energia impiegata non è sufficiente a mantenere uniforme il processo nel corso del tempo. Se invece permeiamo l’esistenza di grandi slanci e di piccoli sforzi costanti e moltiplichiamo le decisioni che confermano nella pratica la volontà di incamminarci verso la luce, otterremo di poter beneficiare di un quantitativo di energia via via crescente. Da un lato infatti diminuiranno i dispendi energetici superflui in virtù di un uso più consapevole dell’energia, dall’altro più luce genera più energia che a sua volta potrà generare maggiore luce in una spirale virtuosa tutta a nostro vantaggio. E se torna a vantaggio del nostro Sé autentico, sarà anche a maggior gloria della Luce. L’afflato verso ciò che è luce e armonia, la capacità di discernere e sostituire abitudini deleterie a prassi elevanti nel tentativo di riprodurre archetipi divini sono motori importanti che possono guidare le nostre azioni, per consentirci di disporre al meglio della nostra energia. E della nostra vita.
Fabrizio
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