lunedì 2 novembre 2015

Affrontare la morte

La prima condizione dell'immortalità è la morte.
Stanislaw Jerzy Lec

Ogni anno in questa data ricorre la Commemorazione dei defunti, istituita dalla Chiesa cattolica attorno all'anno mille e probabilmente ispirata al rito bizantino con il quale si ricordavano tutti i morti, in un periodo coevo alle festività romane dedicate ai defunti, dette feralia perché era usanza “portare” (lat. fero) doni e offerte sulle tombe dei propri cari.
Osservando l'interminabile e composita processione di persone in visita ai cimiteri in questi giorni, con il loro carico di nostalgie, tristezze, rimpianti, ma anche rancori e risentimento, viene spontaneo interrogarsi sul rapporto che gli esseri umani hanno instaurato con la morte, specialmente in Occidente, e mi sovviene una celebre costatazione del Dalai Lama:

Gli uomini vivono come se non dovessero mai morire e muoiono come se non avessero mai vissuto.

Certamente, a questo mondo si arriva piuttosto impreparati: alla nascita non ci viene fornito un “manuale di istruzioni”, per vivere è necessario imparare o ricordare tutto da sé, e già questo dice molto del generale stato di inconsapevolezza in cui versa l'essere vivente, ma cosa ancor più notevole, la maggior parte delle persone si lascia cogliere di sorpresa anche al momento della morte, che diventa così l'ultimo ineluttabile shock di una lunga serie di traumi apparentemente inspiegabili. Eppure, una maggiore consapevolezza della morte può rivelarsi fondamentale nel percorso che porta a cogliere il senso della vita.


Non so dire se l'essere umano giungerà mai a comprendere cosa sia effettivamente la vita, tuttavia, una semplice scorsa al significato letterale dei principali lemmi escatologici offre preziosi spunti di riflessione. Consultando un qualunque dizionario possiamo leggere le seguenti definizioni:
  • ESISTENZA: il far parte delle cose vere e reali.
  • VITA: il tempo compreso tra la nascita e la morte.
  • NASCITA: venuta al mondo, inizio della vita.
  • MORTE: cessazione irreversibile di ogni attività vitale in un organismo umano, animale o vegetale.
Significativamente, la definizione più vaga riguarda il concetto di esistenza, evidentemente una condizione che include ma non si limita alla vita, che al contrario è circoscritta sia in termini temporali (il periodo tra la nascita e la morte) sia spaziali (l'esistere nel mondo in un organismo psicofisico). Dunque, anche se il percorso dell'esistenza di ciò che è vero e reale continua, la morte sancisce il capolinea del viaggio chiamato vita.
La consapevolezza della morte mette a nudo una verità inconfutabile: essere vivi significa avere ancora del tempo nel mondo e un corpo a disposizione. In questo senso, non vi è nulla di più democratico della morte per ricordarti, per tempo, di essere in vita e riportarti al vero Lavoro: risvegliare la macchina biologica e uscire dall'inganno del tempo tiranno.


A volte si sente dire che “il tempo è denaro” (un film del 2011, In Time, esplora questo paradosso della realtà fino alle sue estreme conseguenze sociali), ma potremmo anche affermare che la vita si misura in unità di tempo, la cui percezione è però totalmente soggettiva: cos'è l'immortalità se non un salto qualitativo tale da annullare ogni necessità di quantificare il tempo? Per ciò che è vero e reale, quindi immortale, il tempo è irrilevante, mentre ogni creatura vivente esiste all'interno di uno spazio e di un tempo limitato. Il tempo e l'organismo psicofisico sono le principali risorse, inestimabili e limitate, a disposizione dell'essere vivente, e il loro utilizzo è ciò che fa la differenza nella vita. In definitiva, la padronanza di Sé, anche in termini di consapevolezza nel continuum spaziotemporale, è l'unica possibilità per uscire dall'illusione ed accedere all'autentica libertà dell'essere.


Si narra che Salomone, il più saggio tra i re d'Israele, profondo conoscitore di angeli e demoni, nonché dell'animo umano, indossasse sempre un anello con incisa una scritta da consultare ogniqualvolta dovesse prendere una decisione. L'incisione riportava le seguenti parole: Anche questo passerà. L'equanimità e la retta predisposizione all'azione nascono dalla netta consapevolezza che tutto è transitorio nella vita.
Ancora più incisivo era il memento mori dell'antichità latina, ovvero Ricordati che devi morire, un eloquente monito che si soleva bisbigliare alle spalle dei grandi condottieri nel momento del loro massimo trionfo, per evitare che superbia e vanagloria ne offuscassero l'intelletto e la condotta.
Ed ora presta attenzione: ti propongo un esercizio per corroborare all'istante la tua consapevolezza.
Qualunque cosa accada dopo la morte, è certo che non avrai più tempo e non avrai più un corpo per interagire nel mondo fisico. Allora due domande riassumeranno la storia della tua vita:

Come hai speso il tuo tempo?

Come hai utilizzato il tuo veicolo corporeo nel mondo?

Le risposte potranno non piacerti, ma a quel punto sarà troppo tardi. Rendertene conto adesso è quindi essenziale, perché finché sei in vita hai ancora tempo e spazio per riscrivere la tua storia. Di fronte al dubbio o alle avversità, ricordati che devi morire!
  • Ricordati che devi morire! Cos'è davvero importante adesso? Cosa stai rimandando nell'illusione di avere tutto il tempo del mondo?
  • Ricordati che devi morire! Quanto valgono i tuoi pensieri fissi, le tue ansie e preoccupazioni alla luce di questa consapevolezza?
  • Ricordati che devi morire! A cosa e a chi intendi dare spazio e tempo adesso?
Tutto può accadere in un istante, se fosse l'ultimo giorno della tua vita cosa faresti? A quali cose e persone daresti davvero importanza? Scrivile subito su un foglio e ricordale sempre nei tuoi pensieri, nelle tue parole e nelle tue azioni.
Non sai quando morirai, non puoi saperlo esattamente, e nessuno può arrogarsi il diritto di stabilirlo, ma hai tutto il potere di decidere come vivere adesso e fino all'ultimo istante.
Ecco come la consapevolezza della morte all'improvviso può restituirti alla vita e portarti ad accorgerti di ciò che è vero e reale.
Mariavittoria


 IMPARA AD AFFRONTARE LA MORTE
E RISCOPRI IL SENSO DELLA VITA

"Ogni viaggio sciamanico è unico, e l'unicità di un viaggio sicamanco consiste nell'esser sempre lo stesso eppure diverso...Un viaggio sciamanico è un viaggio in discesa, non il salita, nei livelli organici, e poi avviene la risalita alla normale vita sciamanica."




"Proprio come i lobi del cervello umano periodicamente trasferiscono un'attività da uno all'altro, dall'emisfero sinistro al destro e dal destro al sinistro, allo stesso modo l'insegnamento, il dharma, si trasferisce da una parte all'altra del mondo...Così questo libro è il risultato della solita combinazione di insegnamento appreso e di esperienza su questi stati e sulle loro conseguenze. In realtà, ci sono davvero pochi individui in giro che conoscono queste cose, come scoprirete presto se cominciate a giornozlare sperimentado davvero questi stati e queste idee. Potrebbe anche accadere che mentre imparate a gestire la morte e la rinascita, intanto impariate a gestire la vita."


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