Il destino guida chi lo
segue di propria volontà,
trascina chi si rifiuta.
Seneca
Questo antico detto
latino mi è sembrato il miglior spunto per riflettere insieme sul
senso (inteso sia come significato sia come direzione) della vita,
ora che il Sole in Leone invita tutti gli esseri umani di buona
volontà a trovare il coraggio di esprimere la versione migliore di
sé, realizzando i desideri autentici dell'anima, proprio qui, sul
pianeta Terra del Terzo Millennio.
Il punto è che
nell'esperienza di una vita desideri e destino si intrecciano nelle
spire del tempo, il termine di riferimento con cui ogni
mortale (o sistema soggetto a entropia) misura l'attraversamento
dello spazio. E con termine intendo proprio “fine”, poiché
l'avvenuto ingresso in questa incarnazione ci dà la ragionevole
certezza che un giorno arriverà il momento di uscirne, e tutto
quello che definiamo come la nostra vita in definitiva non è che lo svolgersi del
continuum spaziotemporale tra il portale di ingresso della nascita e
quello di uscita della morte.
Come ogni viaggiatore sa
bene, se da un lato è importante cominciare, lo è ancora di più
proseguire, perché anche se in tempi immemori abbiamo fissato il
nostro appuntamento con il destino, lo incontreremo davvero solamente
percorrendo la nostra strada, che sia autentica e che abbia un cuore:
è il viaggio dell'eroe.
Per noi, passeggeri del
tempo, di una vita in cui tutto è effimero, transitorio e spesso al
di là della nostra comprensione, non contano gli anni che passano,
ma quanto riusciamo a farli contare.
A tal proposito, ti invito a
guardare un film che utilizza il viaggio nello spazio e gli annessi
temi fantascientifici (tali almeno per qualche anno ancora) come
pretesto per condensare in poche ore di suggestive ambientazioni le
questioni esistenziali che normalmente si dipanano nel corso di una
vita intera alla ricerca, più o meno consapevole, di un senso. Il
film è Passengers (2016) e inizia così:
Il video mostra i primi
dieci minuti del film doppiato in tedesco, e anche se non conosci la
lingua teutonica le scene sono abbastanza esplicative della
situazione (se non vuoi conoscere la trama, salta questo paragrafo e
il video che segue): il protagonista si sveglia su una nave
interstellare novant'anni prima dell'arrivo previsto a destinazione.
Nessuna possibilità di svegliare l'equipaggio, tornare indietro o
comunicare con la Terra in tempo utile; ma non è solo, ci sono altri
4999 passeggeri a bordo ed essendo lui un ingegnere meccanico, non ha
difficoltà a manomettere una cella di ibernazione per svegliarne
uno.
La persona che sceglie è Aurora, di cui si è innamorato a
prima vista e che finisce col ricambiare i suoi sentimenti, ma
l'idillio è breve, i problemi del viaggio sono appena iniziati, come i due scoprono quando i malfunzionamenti portano al risveglio di un
membro dell'equipaggio.
Prigionieri involontari
tra perfetti sconosciuti su una nave che affonda. Questa frase che
riassume il cardine attorno cui ruota il film potrebbe essere anche il
sunto di come si presenta a prima vista l'esperienza dell'esistenza
umana. Infatti, che cosa è il mondo se non uno psicopenitenziario in
cui ciascuno sconta la propria pena (un'esistenza irta di dispiaceri
e separazioni) insieme ad altri con cui per lo più si ritrova a
convivere forzatamente? A meno di non voler considerare la situazione
da una prospettiva diversa e decisamente più ampia.
Torniamo un attimo al
film: la protagonista (che guarda caso si chiama come la bella
addormentata, archetipo fiabesco dell'anima umana) viene
apparentemente costretta a svegliarsi dal suo sonno senza sogni da un
demiurgo a lei sconosciuto che l'ha scelta platonicamente per
condividere un'esistenza limitata nello spazio e nel tempo (sì, a
ben vedere questo film non è una banale storia d'amore con qualche
tocco di pseudoscienza, del resto il regista si distingue per la sua
spiccata sensibilità nel rappresentare e indagare le enigmatiche
sottigliezze dei rapporti umani, come ha dimostrato in The
Imitation Game). Siccome si è svegliata troppo presto, è
abbastanza certo che morirà su quella nave, ma siamo sicuri che la
sua condanna le sia stata imposta? La chiave dell'arcano è racchiusa
nelle motivazioni profonde che hanno spinto i due a imbarcarsi:
Aurora è una giornalista e vuole scrivere un libro unico e senza
precedenti, mentre Jim è un meccanico, vuole sentirsi utile
riparando, non limitandosi a sostituire, ciò che si guasta.
Entrambi, tutto sommato, hanno delle nobili aspirazioni e
imbarcandosi sulla Avalon (dal nome dell'isola dove secondo la
leggenda riposano i grandi dell'antichità, come Artù e Merlino, in
attesa del momento di risvegliarsi) dimostrano abbastanza coraggio da
voler assumersi i rischi del perseguire la realizzazione dei propri
sogni. Sennonché la mente, che li ha spinti sulla scia delle proprie
ambizioni, ha la vista corta e per loro progetta un futuro ingegnoso,
senza contemplare un briciolo di umanità, come denota la loro
situazione iniziale di ibernati naviganti nelle spietate immensità
dello spazio siderale.
A far sentire le ragioni
del cuore sarà la necessità del caso, inteso proprio come
insieme di forze che concorrono nel possibile sviluppo della
situazione contingente. Qui, caso non è sinonimo di
casualità: ti sembra casuale che di cinquemila persone un guasto
porti al risveglio proprio di quella la cui maggiore aspirazione è
risolvere problemi meccanici? Ed è forse un caso che questa stessa
persona, una volta sperimentata la vacuità del soddisfacimento del
piacere fine a se stesso, prenda la decisione, imponderabile ma
necessaria, di svegliare la persona che vuole diventare protagonista
di una storia straordinaria e inaudita?
Sì, l'apparenza troppo
spesso inganna, è la superficie luccicante che cattura l'attenzione
non addestrata: a volte gli occhi dimenticano, ma il cuore sa sempre
tutto, e tesse i fili del destino con la materia che risponde al suo
richiamo nel qui e ora, poco importa se questo causa lo
sconvolgimento della nostra bolla di artefatta e arida felicità, in
cui nuotiamo nella vana speranza di proteggerci dalla fragile
consistenza della nostra precaria e imperfetta esistenza.
Se arriviamo a
comprendere che la missione di ciascuno di noi è diventare chi è
veramente, liberandosi dai condizionamenti per realizzarsi nel mondo
(spiritualizzare la materia una volta che lo spirito si è
materializzato), finalmente vediamo che il destino è davvero
ineluttabile, presentandoci continuamente l'immagine corrispondente
alla nostra essenza più autentica. Sfuggirgli, in questo senso, è
impossibile: per quanto si cerchi di nascondersi, procrastinare o
ribellarsi, in realtà nessuno può allontanarsi da se stesso. Infatti nel profondo ricordiamo e conosciamo già più di quanto ci
sia dato di capire intellettivamente.
Il tempo limita la nostra
incarnazione e lo spazio ci costringe fisicamente, ma tutto questo è
soltanto una cornice che ospita la manifestazione di un potenziale
infinito che si autoregola in perpetuo scambio e accordo con l'intero
universo.
È chiaro che l'unica
strada percorribile è diventare chi sei, perché comunque sei
destinato a quello, e la massima realizzazione consiste nell'aderire
coscientemente al grande progetto dell'anima, magari una volta giunti
alla piena consapevolezza di ciò che comporta, ed evolvere
continuamente, spingendosi oltre nella ricerca di nuove vie per lo
sviluppo umano sostenibile, creare maggiore bellezza e armonia,
nonostante le inevitabili angustie e limitazioni della materia, o
forse proprio grazie ad esse.
Mariavittoria
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LA SAGGEZZA TRASMESSA DAGLI ARCHETIPI
IL
POTERE DEL MITO
“Se
guardi dentro di te puoi iniziare a recepire il messaggio dei
simboli...I miti ti aiutano a entrare in contatto con l'esperienza
dell'esser vivi. Ti dicono che cos'è l'esperienza.”