Ciò che vediamo
non è ciò che vediamo
ma ciò che siamo.
non è ciò che vediamo
ma ciò che siamo.
Fernando Pessoa
Le interconnessioni fra il mondo interiore ed il mondo della materia sono così intrecciate da essere quasi inestricabili. Possiamo visualizzare i due mondi uniti da un canale attraverso il quale essi comunicano. All'interno di questo canale c’è un punto in cui lo spirito cessa di essere tale e si trasforma in materia. Questo punto in cui lo spirito sfiora la materia è la pietra filosofale che tutti cercano, è lo spazio sacro della creazione.
Il canale è percorribile in entrambi i sensi.
Dal mondo fisico è possibile percorrere il canale per spostarci al di là del velo e raggiungere un luogo nel quale contattare le nostre guide ed i nostri Maestri ed accorgerci di quanto il piccolo io che pensavamo di essere sia, in realtà, infinitamente più ampio. In questa dimensione si possono e si devono fare domande che riguardano il mondo della materia. La nostra missione consiste nel portare indietro la saggezza che acquisiamo in questi “viaggi” per potercene avvalere nella densità della dimensione nella quale viviamo.
Occorre dunque intraprendere frequenti “viaggi”: non è auspicabile vivere solo nel mondo fisico trascurando i mondi sottili; specularmente non è sensato rifugiarsi nella dimensione spirituale rimanendo avulsi dalla materia in cui ci si ritrova comunque incarnati. Nello scambio, nel movimento, nello spostamento delle prospettive, nella correlazione fra i due mondi, consiste l’opportunità che sta a noi cogliere.
Un modo pratico per utilizzare il canale tra visibile e invisibile è quello di servirsi di un’attività fisica per lavorare anche sul piano spirituale. In precedenza abbiamo già introdotto alcuni esempi di connessione tra Mondo interiore e mondo esterno, e continueremo a fornire Spunti di meditazione tradizionali e alternativi, perché la pratica è esperienza, e l'esperienza è conoscenza, anche spirituale. Oggi consideriamo i benefici dell'adottare uno stato meditativo durante lo svolgimento di un'attività molto diffusa e amata: il giardinaggio.
Chiunque abbia a disposizione un giardino, un orto o anche solo delle piante in vaso da coltivare, potrà provare subito a fare esperienza di questo semplice esercizio di presenza e connessione, ovvero di un altro modo per inserire la meditazione nella propria quotidianità.
Il fastidioso e tedioso compito di pulire il giardino o i vasi dalle erbacce, può trasformarsi in un produttivo lavoro interiore. Invece di sprecare energia a lottare contro i rovi o le erbe più tenaci, concentriamoci su questo pensiero:
“In questo momento, io sto mondando il terreno interiore da tutti i pensieri infestanti, da tutti gli schemi dannosi che si sono radicati dentro di me, da tutte le abitudini nocive che hanno trovato terreno fertile nel mio essere, da tutta la negatività che si è innestata nelle mie cellule”.
Anche l’atteggiamento interiore è molto importante: non serve accanirsi con furia sulle malcapitate piante infestanti sradicandole con violenza dal terreno; occorre piuttosto concentrarsi sulla sensazione di liberazione che il gesto armonioso e amorevole di mondare la terra produce al nostro interno.
Il contatto con l’elemento Terra radica ed espande le nostre sensazioni e può essere saggiamente utilizzato per amplificare il risultato e per porci sulla giusta lunghezza d’onda per ottenere frutti, sia concreti che metafisici, più succosi e belli.
Come in alto così in basso, come fuori, così dentro.
Come per qualsiasi lavoro di pulizia, una volta sgombrato il terreno da tutte le piante indesiderate, il nostro compito non è terminato. Occorre mantenere il terreno nelle migliori condizioni, nutrendolo e curandolo con pazienza ed amore affinché non proliferino nuovamente erbacce e gramigna. Un lavoro costante e consapevole è lo strumento principale per mantenere la connessione fra mondo fisico e spirituale sempre aperta e priva di interferenze e per cogliere le ricchezze che i due mondi, costantemente, ci forniscono.
Fabrizio
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