giovedì 20 giugno 2013

Nessun uomo è un Maestro _ PARTE SECONDA


Con la sua parola un maestro spirituale si sforza di
condurre i suoi discepoli il più lontano possibile,
ma poi deve tacere.
Omraam Mikhaël Aïvanhov



Nella prima parte di questa riflessione ho parlato della differenza sostanziale tra maestri e Maestro e di quanto la responsabilità individuale sia determinante per la riscoperta di sé.

La sorgente
Comprendere che il Maestro è in ciascuno di noi non significa inneggiare all’anarchia, bensì acquistare consapevolezza delle proprie risorse interiori e accettare l’onere e l’onore di utilizzarle, anziché cercare costantemente una soluzione all’esterno. Avere un guru o un maestro di vita può sembrare un privilegio, e potrebbe esserlo come occasione per scoprire più di sé attraverso il confronto. Tuttavia, il rapporto tra insegnante e allievo, tra maestro e discepolo, si basa su equilibri che tendono a fossilizzarsi, perpetuando pericolosamente la credenza di poter attingere le proprie risposte da una fonte esterna a se stessi. È questa la lezione di cui parla Joyce Collin-Smith in Nessun uomo è un Maestro, raccontando la propria esperienza all’interno di diversi movimenti spirituali, a contatto con leader carismatici e maestri attivi in più continenti, nel pieno fermento del secondo Novecento, un periodo travagliato, in cui l’Occidente iniziava a manifestare l’urgenza della crescita interiore. Ma spesso lo scotto da pagare per quei frammenti di insegnamento sconosciuto si rivelò troppo alto. La storia di questa cercatrice, astrologa, tarologa e conferenziera internazionale a sua volta fondatrice di un gruppo di ricerca interiore, è un’odissea dello spirito, che attraversando un’epoca ritorna ad una verità senza tempo:
«Ho lentamente maturato l’idea che i mezzi per svilupparsi ed evolvere risiedano da qualche parte dentro al proprio sé e che non dovremmo mai dimenticare questo fatto nemmeno per un momento. Difatti ci potrebbero essere dei maestri che hanno molte più conoscenze e che in qualunque tempo hanno svolto delle opere di pregio nel mondo; ma ciascuno richiede un prezzo. E ogni prezzo che include vendere una parte della propria libertà di crescere naturalmente per aprire i propri centri di consapevolezza a lungo termine si dimostrerà troppo alto.»      Delegare il proprio potere a qualcuno che si ritiene più saggio o qualificato di noi nel dare risposte e trovare soluzioni è davvero un prezzo troppo alto, perché subdolamente torna a farci sprofondare nell’inconsapevolezza. L’idea che qualcun altro possa prendere decisioni al posto nostro è pura illusione. Possiamo anche adottare uno stile di vita simile e compiere le medesime scelte, ma le conseguenze di ogni azione, o non azione, ricadranno sempre su chi ne è il fautore: ricadranno su di noi. Poiché siamo esseri unici, quanto potrà valere l’imitazione delle scelte altrui ai fini della nostra realizzazione?

Corrente di vita
Per vivere davvero la propria vita è essenziale riscoprire la fedeltà verso se stessi. Per questo ci rivolgiamo con gratitudine ai maestri di vita che mettono in pratica i loro insegnamenti, non perché essi detengano la verità assoluta, ma per la loro testimonianza concreta di ascolto della propria voce interiore, e forse non c’è esempio più ispiratore di quello dato da chi scoprendo se stesso ha saputo mettersi a servizio dell’intera umanità. L’autentica realizzazione ispirata del sé deriva dalla capacità di ascoltare la propria guida interiore: il Maestro al quale ciascuno intimamente aspira a riconnettersi
Dunque, cosa si intende precisamente per Maestro? Quella parte di noi, scintilla di spirito, talmente in alto e nel profondo che per rendersi manifesta ha bisogno di un mezzo per esternarsi: come dovrebbe fare l’iride dell’occhio, organo della vista, utilizzando uno specchio per scorgere se stessa, allo stesso modo il Maestro, organo di realizzazione, si presenta a noi sotto varie forme, che riconosciamo nostre e al contempo superiori poiché provenienti dall’altrove, da quello stato atemporale e aspaziale che chiamiamo eternità.
Sia chiaro però: il Maestro non è un’entità. Ormai sono diffusissimi i messaggi di quanti dichiarano di dialogare con esseri incorporei di ogni genere: siamo passati dall’Età del Ferro in cui le realtà oltre il Velo venivano ignorate o negate, ad una prima fase dell’Età dell’Oro in cui si smania di divulgare la riscoperta delle dimensioni dell’altrove, senza troppo riguardo per l’effettiva utilità di ciò che vi si trova. Vi è una reale differenza tra l’ostruzionismo oscurantista del Ferro e la luce abbagliante dell’Oro, oppure, pur in presenza di un ampliamento delle percezioni, siamo sempre esposti al rischio di accecamento della consapevolezza individuale?
Accogliere la luce
Come distinguere un’entità dalla guida di noi stessi? Non sembra possibile in termini di discorso razionale e nemmeno tramite l’intuizione, che riportandoci all’unione con il Tutto svela la separazione come realtà illusoria, necessaria solo all’interno dello spaziotempo ma inconsistente nel resto della creazione. Tutto è Uno, l’Uno è Tutto, come recita il Tao, e tuttavia sembra molto opportuno distinguere una buona guida da un falso consigliere sotto mentite spoglie: di nuovo è essenziale ricorrere all’esercizio del discernimento.
Saper distinguere il Maestro coincide con l’imparare ad ascoltare la voce della coscienza…Sì ma quale delle sue tre componenti? Quella un po’ ristretta e ordinaria, che ci fa dire “io” e si riveste del guscio protettivo dell’ego per definire il proprio senso di identità, oppure la parte abissale subcosciente, che detiene tutta la forza di ciò che non sappiamo ancora di sapere o di potere, o magari la supercoscienza o sé superiore, quel punto omnicomprensivo nell’eterno che compartecipa alla grazia della sorgente divina? Ciascuna di queste componenti coscienti ha una voce propria, delle particolari istanze e facoltà innate o acquisite, e quando collaborano o quantomeno cercano di comunicare a vicenda, nasce la possibilità di accorgersi dell’emergere di un’unica voce, l’organo della coscienza unificata finalmente presente a se stessa: il nostro Maestro interiore, infinitamente luminoso, sapiente, e amorevole, onnipresente in quello spazio sacro ed eterno che ci pervade e ci comprende.
Essere se stessi, riscoprendo il proprio spazio sacro, è il viaggio di tutta una vita, di molte vite, e la meta dell’esistenza è proprio questo viaggio. Lungo il cammino il Maestro attende e accompagna ognuno di noi.
 Mariavittoria

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