Il più
grande ostacolo
al
risveglio è che l’uomo
pensa di
essere già cosciente
e
pienamente libero
Salvatore
Brizzi
Vi
è familiare la sensazione che le cose si sgretolino come polvere proprio nel
momento in cui le stringete fra le dita? Avete mai sentito il rumore delle
certezze infrangersi fragorosamente con un tuffo sordo?
Per
esempio la certezza di essere in grado di fare esattamente quello che vi siete
imposti di fare.
A
me è capitato quando mi sono riproposto di mettere in pratica un semplice
esercizio proposto da Salvatore Brizzi. Rimuginavo fra me e me: la conoscenza
va esperita, gli esercizi solamente letti e relegati ad un mero compiacimento
intellettuale sono inutili. Fin qui, tutto bene, tranne per il fatto che
l’esercizio nascondeva in sé un “tranello spirituale”.
Ma
andiamo per ordine. L’esercizio dice: nella giornata di oggi siate consapevoli
di ogni volta che passerete sotto una porta. Tutto qui. Semplice, lineare.
Potete cimentarvi anche voi e trarne i vostri personali riscontri. Coinvolgete
pure i giovanissimi che lo tramutano istintivamente in un gioco.
Dunque, sposto il mio selettore
nella modalità schiacciasassi, pensando che un semplice atto volitivo
sia più che sufficiente a garantire il buon esito di questa piccola prova,
quindi, pensando di essere ben equipaggiato, mi muovo deciso verso la meta
finale. Ma mi fermo dopo pochi passi… Che cosa sta succedendo? Le porte sono
così sfuggenti: per ogni volta che mi accorgo di passare sotto una di esse,
chissà quante mi saranno sfuggite. Bastano poche ore di frustranti tentativi e
la realtà della cocente disillusione dell’esperimento emerge in tutta la sua
sfolgorante chiarezza.
È
irritante, ma devo constatare il fallimento dell’esercizio: ci sono lunghi
momenti in cui la coscienza sembra “evaporare” aprendo varchi e vuoti in cui io
non sono presente. Dunque sono addormentato: non so nemmeno fare un piccolo
esercizio di risveglio. Occorre che mi eserciti con costanza. Bisogna che
prenda le mie precauzioni e attacchi il problema con un arsenale fatto di
volontà e pertinace determinazione. Perché se riesco a fare l’esercizio, sarò
risvegliato. Davvero?
Quest’esercizio,
in realtà, non serve per risvegliarsi. Serve solamente per constatare di essere
addormentati e questo è preoccupante, preoccupante al punto da fare paura. È
auspicabile che questa consapevolezza incuta un timore sacro, al punto da
costringerci ad indirizzare i nostri sforzi ed energie al superamento di questa
condizione decisamente insoddisfacente. Ci impone di riflettere sulla nostra
incapacità di fare quello che vogliamo ed, in ultima analisi, ci mette faccia a
faccia con la fragilità delle nostre velleità di crescita. Non che sia
necessario farsi demolire in ogni afflato che ci spinge verso l’alto, ma essere
ben consci del duro lavoro che ci aspetta può suggerirci un atteggiamento più
umile e costruttivo.
Oltre
alla necessità di non essere hobbysti della spiritualità, occorre
valutare seriamente la nostra dotazione effettiva, per dare ai nostri sforzi
quel costrutto e quella direzione fondamentali per la nostra evoluzione.
Confondere
l’esercizio con il risveglio è un errore grossolano.
Il
risveglio non è un esercizio portato a compimento. È lo stato naturale a cui
gli esseri in cammino tendono. Il risveglio non è il prodotto di un esercizio.
Il risveglio è. Semplicemente.
È
vedere e non solo guardare; è accorgersi; è la condensazione in un unico punto,
reale, di due sconfinati mondi virtuali, il passato ed il futuro.
E
se questo non vale la nostra totale attenzione, allora nulla la vale. Il Sole splende per tutti, ma non tutti ne sono consapevoli e
tra essi ancora meno agiscono per raggiungerlo.
Fabrizio
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